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Intermonte SIM: petrolio e riserve strategiche USA

6/28/2018

A luglio si potrebbe assistere a un incremento dell’offerta rispetto a quanto ora percepito dagli operatori, con la finalità di consentire un calo del prezzo del petrolio


Il comparto petrolifero continua a subire degli importanti smottamenti, da una parte la carenza dell'offerta in seguito alla riduzione della produzione da parte di importanti Paesi come Venezuela, Libia, Canada ed in prospettiva Iran, in seguito alle minacciate sanzioni USA che partiranno dal 4 novembre verso tutti i paesi che acquisteranno petrolio iraniano.

In questo caso il problema è legato alle difficoltà tecniche di trasporto dello shale oil via oleodotti. Il problema potrebbe rientrare nel corso del 2019, quando è prevista l’ultimazione di un importante oleodotto negli USA.

Antonio Cesarano, chief global strategist, Intermonte SIM indica altre tensioni legate alle problematiche prima indicate al punto da comportare un’accentuazione della cosiddetta backwardation, ossia prezzi spot molto più alti di quelli a termine nel caso del petrolio WTI.

In prospettiva, per i prossimi trimestri, il trend potrebbe rimanere al rialzo, stante il continuo incremento della domanda dalla Cina (primo consumatore al mondo con circa 11 Mln b/d), al fine soprattutto di incrementare le scorte strategiche di petrolio per presentarsi al mondo fra un paio d’anni (probabilmente il 2021, anno del centenario della fondazione del partito comunista) come il paese con il più forte esercito, come delineato dal presidente Xi nel piano pluriennale annunciato lo scorso ottobre.

 

Nel frattempo, nel breve termine, non è esclusa la possibilità di un calo temporaneo del prezzo del petrolio, che potrebbe rientrare dagli eccessi di questi giorni segnalati in particolare dall’elevato livello (storicamente parlando) di backwardation prima segnalato.

 

Inoltre, gli Usa potrebbero procedere alla messa in vendita di parte delle riserve strategiche, attualmente pari a 665 milioni di barili. In passato gli Usa hanno talvolta fatto ricorso a manovre di questo tipo, ad esempio nel 2017 dopo il passaggio dell’uragano Harvey che aveva temporaneamente bloccato alcuni siti produttivi. 

In estrema sintesi nel mese di luglio, conclude l'esperto, si potrebbe assistere a un incremento dell’offerta rispetto a quanto ora percepito dagli operatori, con la finalità di consentire un calo del prezzo del petrolio (soprattutto WTI) e quindi anche del prezzo domestico della benzina su livelli ben inferiori ai circa 3 $/gallone raggiunti recentemente, durante l’importante fase della driving season che terminerà ad inizio settembre.

 

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