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Saint-Georges (Carmignac): una questione di politica monetaria

8/20/2018 | Greta Bisello

Un'inversione di rotta che riguarda le Banche centrali e che trainerà i mercati finanziari a livello internazionale dopo la conclusione del programma di acquisti dei titoli di Stato


Al di là delle tensioni a livello commerciale e della geopolitica c'è un motore più forte che nei prossimi mesi indicherà la rotta, è la politica monetaria.

Seguendo l'analisi di Didier Saint-Georges (nella foto), managing director e membro del comitato investimenti di Carmignac, si evince che dopo la "rilvoluzione" portata dall'attuazione del programma di Quantitative Easing, qualcosa sta cambiando radicalmente. 

La Fed ha interrotto gli acquisti dal 2014 e ora "tenta di venderli, reimmettendo sul mercato quanto acquistato tra il 2009 e il 2013. Il QE (“Quantitative Easing”) è diventato il QT (“Quantitative Tightening”). Inoltre ha avviato il processo di “normalizzazione” della politica monetaria, ossia di rialzo dei tassi di interesse rispetto a livelli ritenuti eccezionalmente bassi. La Banca Centrale europea non è ancora arrivata a questo punto, ma ha annunciato la cessazione degli acquisti di asset alla fine di quest’anno" afferma Saint-Georges.

 

 

Secondo l'esperto questo cambiamento comporterà tre importanti conseguenze. "L’uscita di scena delle Banche Centrali preannuncia un aumento della volatilità. In altre parole gli shock esterni, siano essi politici o economici, avranno un impatto maggiore sui mercati. A meno della comparsa di nuovi acquirenti in numero sufficiente per compensare il ritiro delle Banche Centrali, i tassi di interesse tenderanno a salire, quindi il loro prezzo a diminuire, trascinando con sé le quotazioni azionarie e il prezzo delle obbligazioni corporate. Già si avverte che il 2018 in termini di borsa non sta affatto seguendo la stessa tendenza del 2017. Infine, poiché la Fed statunitense è stata la prima Banca Centrale a invertire la rotta, la riduzione della liquidità inizia con il calo dell’offerta di dollari". Si evince dunque che tutte quelle economie dipendenti dal dollaro saranno le prime vittime, basti guardare alla situazione dell'Argentina

 

In conclusione va tenuto conto che ogni cambiamento avviene in un contesto specifico che dunque ne condiziona e influenza gli effetti. Su questo ancora il managing director di Carmignac: "Una crescita economica sostenuta e un rialzo dell’inflazione, in particolare negli Stati Uniti, spingerebbero le Banche Centrali ad accelerare il loro disimpegno. Viceversa, una flessione dei mercati o un’ondata di volatilità potrebbero forse indurle a rallentare il passo. Ma non bisogna lasciarsi ingannare: l’investitore non può più concentrarsi esclusivamente sull’economia, ma dovrà ora monitorare più attentamente anche le condizioni prettamente finanziarie".

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