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ESG: come riconoscere un "greenwashing"

9/12/2018

Più una cosa va di moda più tutti la vogliono anche al costo di imitarla. Su questa assunto elementare si basa la tendenza di ritrarre i propri prodotti o le proprie attività come attenti alla sostenibilità anche se non lo sono davvero così da attrarre i propri clienti. Ecco come evitare di cadere in errore


E se la sostenibilità non fosse così sostenibile? Aumentano i casi di "greenwashing", cioè l'azione di ritrarre i propri prodotti, attività o politiche come attente all’ambiente quando in realtà non lo sono, al fine di apparire in una miglior luce a un segmento crescente dei loro clienti.

Una recente notizia fatta trapelare dal Financial Times afferma che l'UNPRI (United Nations Principles for Responsible Investment) ha recentemente compilato una lista – non disponibile al pubblico – di 185 investitori che potrebbero essere esclusi dal gruppo dei firmatari dei Principi per l’investimento responsabile a causa di un potenziale greenwashing.

 

Sebastien Thevoux-Chabuel, ESG Analyst / Portfolio Manager, Comgest fornisce alcuni consigli utili per difendersi da questo pericolo: "In primo luogo, nel valutare la strategia di investimento sostenibile e la performance ESG di un asset manager, consigliamo di usare lo “smell test”, che semplicemente significa chiedere a se stessi: Questa strategia ESG ha senso nel contesto di tutto ciò che il gestore fa e riferisce in merito?"

"Crediamo non abbia senso sostenere di fare engagement se un titolo viene tenuto in portafoglio mediamente per un anno o meno. Approfondire la frequenza del turnover del portafoglio è un buon inizio per valutare quanto davvero l’approccio ESG sia importante per migliorare il profilo rischio/rendimento degli investimenti di un gestore".

 

Non solo, può essere utile domandarsi come viene svolta la ricerca ESG se si basa dunque sulla ricerca proprietaria o su provider esterni.  "Nella nostra esperienza non esiste alternativa alla ricerca interna se le tematiche ESG sono di primaria importanza, proprio come sarebbe difficile per un gestore veramente attivo basare la propria opinione e le proprie azioni solamente sulla ricerca di broker, senza utilizzare competenze proprie" prosegue l'esperto di Comgest.

 

Un altro elemento importante è quello del diritto di voto: "A nostro avviso, una delle prime responsabilità di un investitore è quella di votare. Infatti, il diritto di voto di un investitore può dare un segnale forte o addirittura forzare il cambiamento nel consiglio di amministrazione, in particolare quando esso viene esercitato con una chiara spiegazione della sua logica". E conclude Thevoux-Chabuel: "Di conseguenza, un investimento responsabile e sostenibile dovrebbe in teoria risultare in portafogli che si discostano e sono in una posizione migliore rispetto ai benchmark comparativi, in termini di varie metriche ESG, come l’impatto ambientale, la creazione netta di posti di lavoro o le aliquote fiscali che le società in portafoglio pagano rispetto alle imposte dovute. Se i portafogli non rispondono a queste caratteristiche "responsabili", è plausibile che il portafoglio stesso sia oggetto di greenwashing". 

 

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