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Candriam: rischi macro in un mercato in rapida evoluzione

10/23/2018

Banche centrali e conflitto commerciale USA-Cina continuano a dettare il passo. Quali saranno i prossimi sviluppi?


Il 10 ottobre sia il Dow Jones Industrial che il Nasdaq hanno registrato vendite significative, cedendo rispettivamente più del 3% e del 4%. La causa di questa massiccia ondata di vendite non va ricercata in un singolo catalizzatore, quanto piuttosto in un'ampia serie di rischi, abbinata a un posizionamento estremo. 

Nadège Dufossé, cfa, head of asset allocation di Candriam paragona questo accadimento con ciò che è successo a febbraio: "Il calo dei prezzi di mercato e l’aumento della volatilità registrati dalla fine della scorsa settimana hanno innescato alcuni stop-loss nei fondi sistematici, determinando deflussi significativi e un sell-off quasi senza nessun acquirente di azioni presente, in quanto i fondi long-only e le società (attraverso le operazioni di buyback) non hanno ancora iniziato a comprare".

 

I rischi macroeconomici però continuano a pesare, due sono quelli presi in considerazione dall'esperto. "Il primo è che, dal punto di vista della Fed, il mercato è leggermente al di sotto dei massimi storici, per cui la banca centrale americana non ha motivo di discostarsi dal graduale percorso di rialzi. Il secondo è che il conflitto commerciale tra USA e Cina si è notevolmente inasprito" prosegue Dufossé.

 

Questa la posizione di Candriam al momento: "Siamo passati a un posizionamento “neutral” in ambito azionario, riducendo la nostra esposizione su tre aree: Eurozona, Stati Uniti e Mercati Emergenti. Poiché ci troviamo in un mercato in rapida evoluzione, il nostro approccio dovrà essere attivo e opportunistico".

 

Tra i principali rischi rispetto allo scenario di base di Candriam, moderatamente rialzista per l’azionario, figurano: un arresto improvviso dell’attuale espansione, una eccessiva riduzione della liquidità del dollaro e tensioni geopolitiche a spirale. Nel frattempo, si mantiene una duration breve per limitare l’impatto della volatilità dei tassi di interesse e tendiamo a essere negativi sulle obbligazioni, eccetto che sul debito dei mercati emergenti.

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