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Pictet: le cinque lezioni ricavate dal 2018

1/17/2019

Tra Banche centrali, mercati emergenti e tensioni geopolitiche tutto quello che bisognerà tenere a mente dai prossimi mesi


Gli investitori nel 2018 si sono trovati a imparare nuove lezioni che gli saranno utili per l'anno appena iniziato. 

Prima di tutto, secondo Pictet Asset Management Strategy Unit, la diversificazione non si è rivalta l'arma vincente lo scorso anno. La maggior parte dei mercati azionari regionali e settoriali che compongono l'indice MSCI World ha chiuso l'anno in territorio negativo, così come i Treasury USA e gli indici obbligazionari societari. Le obbligazioni di Stato globali avrebbero fatto altrettanto, se non ci fosse stato il rally di dicembre. Infatti, in dollari, tutte le principali classi di attivi hanno chiuso il periodo in negativo, lasciando la liquidità statunitense come la migliore classe di attivi per la prima volta dal 1986.

Le banche centrali inoltre hanno sempre ricoperto un ruolo fondamentale. Secondo gli esperti di Pictet dalla crisi finanziaria il quantitative easing attuato dalle banche centrali ha spinto al rialzo i prezzi degli attivi, determinando un periodo di rialzo record per le azioni globali. Ma nel 2018, e per la prima volta in 10 anni, le principali autorità monetarie del mondo sono diventate venditrici nette di attivi finanziari: il loro stimolo è sceso a 600 miliardi di dollari dai 2600 dell'anno precedente. "La nostra analisi indica che il ritiro della liquidità ha già iniziato a pesare sui multipli price-earnings. Per il futuro, prevediamo che la liquidità in eccesso continuerà a calare. Ciò probabilmente indurrà una flessione del 10% nelle valutazioni delle azioni globali sulla base dei price-earnings". 

 

In questo quadro non va dimenticata la geopolitica che ha rivestito un ruolo chiave. Il dollaro forte ha rivestito un ruolo negativo per i mercati emergenti e ci spiega Pictet che "entrando nel 2019, c'è motivo di ritenere che il dollaro possa invertire il suo corso, in quanto la crescita statunitense rallenta, il restringimento della Fed perde slancio e gli effetti dello stimolo fiscale si affievoliscono. Valutazioni elevate e un sentiment molto ottimistico rappresentano ulteriori ostacoli. Tuttavia, da qualsiasi parte spiri il vento, pare probabile che i rendimenti dei mercati emergenti andranno di pari passo con il cammino del dollaro".

Infine, guardando alle delusioni dello scorso anno, non ci sono stati soltanto gli emergenti ma anche la magra performance dei titoli europei – una posizione lunga degli analisti nello scorso gennaio – ha dimostrato che i problemi della regione non sono affatto risolti. "La situazione dell'Italia è stata la principale fonte di preoccupazione, sia dal punto di vista politico che economico. Sebbene il governo italiano si sia scontrato con Bruxelles sui piani di bilancio espansionistici, l'economia del paese è rimasta stagnante, trascinando al ribasso la crescita complessiva nell'Eurozona. Lo spread di rendimento tra i titoli di Stato italiani a 10 anni e i Bund tedeschi di pari scadenza si è impennato oltre i 300 punti base in autunno, il livello massimo da luglio 2013. Situazione che a sua volta ha gravato sulle azioni europee (si veda il grafico). A dicembre le azioni europee sia in valuta locale che in dollari hanno toccato i livelli minimi di tutti i tempi in termini relativi rispetto a quelle statunitensi" concludono gli esperti. 

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