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Guerra commerciale: quattro possibili scenari

2/21/2019

Pramerica SGR prevede che, in ogni caso, la trade war possa arrivare a conclusione nel corso dei prossimi 12 mesi ma non è escluso che Trump possa prendere di mira anche altri Paesi


La guerra commerciale tra Stati Uniti e Cina si è rivelata nel tempo molto più che uno screzio temporaneo tra Paesi. Viene dunque da chiedersi quali potrebbero essere le diverse possibilità di risvolto nei prossimi mesi. Secondo l'analisi di Nathan Sheets, chief economist di PGIM Fixed Income, gestore delegato di Pramerica SGR, la buona notizia è che lo scenario più probabile è quello di un eventuale accordo, più verosimilmente nel secondo semestre dell’anno. Fino ad allora, con Pechino da un lato impegnata a fronteggiare problematiche di natura economica, e con, dall’altro lato, l’amministrazione Trump impegnata a dare supporto al mercato interno, a entrambe le parti conviene adottare un tono distensivo.

 

Secondo l'esperto, un primo possibile scenario è quello dell'accordo raggiunto in primavera. Per raggiungere un’intesa in tempi così rapidi, le negoziazioni avrebbero bisogno di acquisire consistenza rapidamente, elemento possibile data la motivazione di entrambe le parti a raggiungere un accordo. La Cina desidera infatti eliminare le incertezze legate ai conflitti commerciali, e l’obiettivo dell’amministrazione Trump è di andare alla ricerca di buone notizie in ambito economico per dare sostegno ai prezzi azionari e alla fiducia dei consumatori. È poco probabile che gli USA dicano di sì a un accordo limitato che preveda esclusivamente una promessa da parte di Pechino ad acquistare quantità maggiori di gas naturale liquefatto e prodotti agricoli. In ogni caso, nutriamo più di un dubbio sull’intenzione di Trump di rinunciare così rapidamente al potere contrattuale offerto dai dazi. 

 

L'altro prevede sempre un accordo ma spostato nel tempo, si parla dell'estate o forse autunno. Sheets prevede che le due parti continuano la fase di negoziazione per buona parte dell’anno, con sia gli Stati Uniti che la Cina pronti a dare la responsabilità della lunghezza delle discussioni alla complessità delle questioni sottostanti, soprattutto alla luce delle problematiche relative all’applicazione pratica degli accordi. Il tono delle discussioni è in linea generale costruttivo, seppur in presenza di occasionali minacce da parte della Casa Bianca (di conseguenza i mercati possono tranquillizzarsi sempre). Un accordo che includa anche passi in avanti in termini di bilancia commerciale, proprietà intellettuale e poche altre tematiche. Ad esempio, gli Stati Uniti si impegnano in anticipo a non apporre ulteriori dazi nei confronti della Cina con la promessa di ammorbidire i dazi esistenti nei successivi 12 mesi man mano che la Cina amplierà l’accordo. Nel complesso è questo lo scenario che, dal nostro punto di vista, bilancia meglio le considerazioni precedenti.

 

Non si esclude anche la possibilità di un rallentamento nelle negoziazioni e quindi nella risoluzione finale. In assenza di un chiaro indirizzo politico, le amministrazioni coinvolte potrebbero perdere interesse sul tema, focalizzandosi più su tematiche di altra natura, le negoziazioni potrebbero non arrivare a conclusione. Uno scenario di questo genere potrebbe fornire a entrambe le parti il tempo necessario per riflettere sulla migliore soluzione in merito a questa spinosa questione, aspetto che potrebbe gettare le basi per un accordo migliore. Un esito non probabile secondol Pramerica SGR.

 

L'ultima possibilità è quella di un'escalation, la più temuta. Le negoziazioni naufragano e gli Stati Uniti ampliano i dazi nei confronti di Pechino. Con una performance dei mercati (di recente) in miglioramento, l’amministrazione USA potrebbe vedere lo spazio per un rinnovato confronto. Inoltre, fino alle elezioni di novembre 2020, c’è ancora tempo di attraversare un altro ciclo di intensificazione dei negoziati. Alternativamente, l’offerta della Cina potrebbe deludere le attese di Trump, aspetto che potrebbe portare il presidente USA ad applicare un ulteriore round di dazi. Se così fosse, crediamo che i rischi per l’economia statunitense e per i mercati, compresi quelli di un ulteriore effetto negativo sulla crescita cinese, rendano un approccio di tal tipo relativamente poco attraente per la Casa Bianca.

 

 

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