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Scenario di ripresa: è il momento dello stress test. Ecco perché

5/21/2019 | Daniele Riosa

François-Xavier Chauchat, di Dorval AM, parte dalla guerra commerciale per delineare i futuri scenari economico finanziari


“L’aumento a sorpresa dei dazi doganali americani dal 10% al 25% su 200 miliardi di dollari di importazioni cinesi e la minaccia di un’estensione a tutte le importazioni provenienti dalla Cina hanno logicamente turbato i mercati finanziari. Attesa da tutti per l’estate, la firma dell’accordo commerciale fra Cina e Stati Uniti viene ora rimessa in discussione”.

Per François-Xavier Chauchat, chief economist di Dorval Asset Management, “la Cina si preoccupa di un accordo che ne limiti eccessivamente la sovranità, mentre Trump teme che una rapida intesa sia percepita dall’elettorato come un segno di debolezza su una questione strategica. Le ritorsioni della Cina sulle importazioni americane e la possibile estensione dei dazi USA ai beni di consumo, fra cui numerosi prodotti a stelle e strisce fabbricati in Cina, rappresentano una minaccia per Wall Street. Inoltre, Donald Trump può dichiarare guerra anche all’UE. Le ultime notizie sul commercio riducono quindi la probabilità di una ripresa dell’industria mondiale, dopo 16 mesi di rallentamento”.

“Questa raffica di cattive notizie – spiega l’analista - deve però essere contestualizzata. Dopo18 mesi di guerra commerciale, gli investitori non sono più così impressionabili. Sanno bene come, all’epoca delle violente dichiarazioni di Trump su l NAFTA, la montagna avesse partorito un topolino e vedono che i negoziati fra i due giganti non si sono interrotti. Inoltre, essendo in gioco la rielezione di Trump, è lecito dubitare che gli Stati Uniti siano disposti a pagare un prezzo economico elevato. L’impatto macro e microeconomico di questa guerra è limitato. L’asse commerciale USA - Cina riguarda appena il 3,5% degli scambi globali e gran parte della produzione delle multinazionali americane è situata al di fuori degli Stati Uniti”.

Sicuramente “l’inflazione USA aumenterà un po’, ma questo fenomeno temporaneo non impedirà alla Fed di mantenere un orientamento accomodante che limiterà i danni sui mercati finanziari. Infine, le ultime statistiche su PIL e consumi nei G20 preludono piuttosto alla s ospensione delle revisioni al ribasso della crescita 2019. Come sempre, la brusca inversione delle borse dovre bbe riaccendere l’eterno dibattito sulle valutazioni azionarie. Warren Buffet suggeriva di recente che le quotazioni sono ancora molto interessanti, dati i tassi di interesse a lungo termine ai minimi. Tuttavia, negli ultimi 20 anni la tendenza al ribasso dei rendimenti obbligazionari non ha prodotto alcuna tendenza al rialzo dei P/E”.

“Al contrario – continua l’esperto - secondo gli uccelli del malaugurio, l’elevato livello del P/E corretto per il ciclo (P/E di Shiller) dell’S&P 500 sarebbe un segno nefasto. Ma al di fuori degli Sta ti Uniti il P/E di Shiller è ancora basso, un elemento che affievolisce la tesi a favore di una generale sopravvalutazione dell’azionario globale. Il nostro giudizio resta invariato: le borse mondiali presentano valutazioni eque. A fronte di valutazioni normali, una crescita economica resiliente ma non ancora in ripresa e rischi politici e commerciali in forte aumento, abbiamo recentemente ridotto la nostra esposizione azionaria, in particolare ai titoli ciclici. Inoltre, finché permarranno le incertezze sul commercio, le small cap continueranno a offrire un premi o di liquidità, in assenza di un ritorno dei flussi di in vestimento”. 

“Tuttavia, ci teniamo pronti ad adeguare sostanzialmente i nostri portafogli in funzione delle notizie economi che e commerciali, o qualora Wall Street scendesse tanto da suscitare una reazione politica della Fderal Reserve o dell’amministrazione americana o di entrambe”, conclude Chauchat.

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