LFDE: Stati Uniti-Cina, rischio stallo

Ulteriori 325 miliardi di dollari di prodotti cinesi sono minacciati da una sovrattassa da parte degli Stati Uniti, ecco le possibili conseguenze nei prossimi mesi
21/05/2019 | Greta Bisello

Trump torna a fare la voce grossa e ribadisce la sua posizione in fatto di commercio e dazi nei riguardi della Cina. 

L'ultimo provvedimento in termini di tempo si è scagliato contro Huawei, andando a colpire nel vivo il colosso cinese con il pretesto dell'"emergenza nazionale". 

Infine, ha rinviato di sei mesi ogni sua decisione relativa a un’eventuale applicazione dei dazi alle automobili e ai pezzi di ricambio europei e giapponesi. Questa informazione, riportata prima dalla stampa americana e confermata poi ufficialmente venerdì, è stata interpretata dai mercati come il ritorno di un Trump più incline a “negoziare”.

Secondo Olivier De Berranger, chief investment officer di La Financière de l’Echiquier "sarebbe tuttavia sbagliato analizzare la situazione attuale alla luce del solo posizionamento di Donald Trump e delle sue dichiarazioni. La risposta cinese è, in effetti, altrettanto importante. Durante il fine settimana, Pechino ha raffreddato l’eccessivo ottimismo degli investitori sottolineando il poco interesse a proseguire le trattative a causa della recente mancanza di sincerità di Donald Trump. Non è stata fissata, finora, alcuna data per la ripresa dei negoziati, se non un potenziale incontro tra Trump e Xi Jinping al G20 i 28 e 29 giugno prossimi. Queste dichiarazioni dimostrano che la Cina potrebbe cercare di prendere tempo". 

 

"Infatti, anche se 325 miliardi di dollari di prodotti cinesi aggiuntivi sono minacciati da una sovrattassa, il margine di manovra degli Stati Uniti si riduce ad ogni nuovo aumento dei dazi. È difficile immaginare che Washington possa aumentare ulteriormente i dazi o ricorrere a un boicottaggio massiccio dei prodotti cinesi data l'importanza delle relazioni che molte aziende americane intrattengono con la Cina" spiega l'esperto di LFDE.

Inoltre va detto che sebbene l'impatto di ulteriori dazi esista e vada a intaccare l'economia reale, il rischio in generale rimane contenuto e riequilibrato dalla condizione di stabilità della Cina rispetto agli Stati Uniti che guardano alle elezioni 2020. 

 

"In conclusione dunque - secondo De Berranger -, più che una rottura unilaterale dei negoziati o un’escalation delle rappresaglie il rischio centrale è quindi la paralisi. E mentre gli investitori consideravano un accordo molto probabile, ne conseguono nuove incertezze, una situazione questa che non depone mai a favore dei mercati".

 

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