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5/22/2019
Huawei, società tecnologica cinese in espansione, nell'ultima settimana ha subito un duro colpo perdendo la sua licenza per utilizzare il sistema operativo Android nella sua versione più ricca e completa, in seguito a una sospensione decisa da Google per rispettare le disposizioni imposte dal governo statunitense contro le aziende cinesi. Questa azione va inserita in un contesto più ampio, quello della disputa tra Stati Uniti e Cina in fatto di supremazia tecnologica.
La tecnologia è al centro della politica industriale cinese "Made in China 2025", che mira a stimolare lo sviluppo di determinate industrie hi-tech per ragioni economiche e di sicurezza nazionale e gli Stati Uniti considerano questa politica una minaccia ai propri interessi per le stesse ragioni.
Secondo l'analisi di Greg Kuhnert, portfolio manager dell’All China Equity Fund di Investec AM "Date le dimensioni e il ruolo importante di Huawei nelle catene di approvvigionamento globali, le conseguenze delle mosse statunitensi contro l'azienda cinese potrebbero essere rilevanti, soprattutto se la controversia dovesse aggravarsi. Huawei utilizza quasi il 10% della produzione mondiale di semiconduttori ed è un leader mondiale negli smartphone e nelle apparecchiature di telecomunicazione. La società ha recentemente superato Apple diventando il secondo produttore mondiale di smartphone. Ha un fatturato di oltre 100 miliardi di dollari e dà lavoro a circa 200.000 persone".
Questa vicenda quindi ha proporzioni più grandi di una semplice "sanzione" riferibile a una singola società. "Le aziende tecnologiche statunitensi e cinesi sono profondamente legate tra loro nelle catene di approvvigionamento globali. Un semiconduttore progettato in California potrebbe essere fabbricato a Taiwan, testato e confezionato nel sud-est asiatico, inserito in un prodotto fabbricato in Cina da una società statunitense e successivamente esportato negli Stati Uniti. Inoltre, Stati Uniti e Cina dipendono l'uno dall'altro come fonte di domanda" spiega l'esperto.
Secondo i dati disponibili, la Cina consuma circa il 60% della produzione mondiale di semiconduttori e le compagnie statunitensi ne forniscono quasi la metà. Se la controversia dovesse aumentare, secondo Kuhnert queste sarebbero le possibili conseguenze: la possibilità per le aziende tecnologiche statunitensi (ad esempio Apple) di vendere alla Cina, un mercato ampio e in crescita, potrebbe essere limitata. È probabile che le autorità cinesi reagiscano in qualche modo, ad esempio trattenendo le autorizzazioni doganali o revocando le licenze operative oppure imponendo divieti sui prodotti statunitensi. Inoltre è probabile che la Cina riveda le catene di approvvigionamento.
Il Paese asiatico potrebbe accelerare la sua politica tecnologica e cercare fonti di approvvigionamento alternative, anche da imprese in Corea, Taiwan, Giappone ed Europa (nella misura in cui esistono). La domanda chiave è allora se gli Stati Uniti saranno in grado di esercitare un'influenza sui propri alleati per limitare l'accesso della Cina a questi mercati. Infine secondo l'esperto di Investec AM, nel lungo periodo, Stati Uniti e Cina potrebbero divergere su standard tecnologici importanti, mentre si contendono il primato tecnologico e l'influenza economica. Il conseguente impatto sulle imprese che operano nella catena di fornitura globale della tecnologia è incerto.
Dal punto di vista di Investec AM infine, spiega l'esperto: "Nel nostro fondo All China Equity non deteniamo società o aziende di semiconduttori nella catena di fornitura di smartphone che potrebbero essere influenzate negativamente dalle azioni statunitensi contro Huawei. Il settore IT è quello su cui abbiamo la posizione underweight più significativa, soprattutto vista la debole domanda degli utenti finali di smartphone".
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