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Gran Bretagna tra Brexit e un nuovo primo ministro

6/21/2019

Mark Phelps, (AllianceBernstein) analizza le ultime vicissitudini che stanno scuotendo Londra


“Sono rimasti solo due candidati, Boris Johnson e Jeremy Hunt, e ora i membri del partito conservatore britannico dovranno decidere il loro nuovo leader e, di conseguenza, il nuovo primo ministro del Regno Unito”. Mark Phelps, cio global concentrated equity di AllianceBernstein, spiega che “l’ombra della Brexit sta dominando il processo, così come ha fatto con la politica britannica negli ultimi 3 anni, e il vincitore si troverà ad affrontare lo stesso stallo parlamentare, ma con meno tempo a disposizione. Il chiaro favorito, l’ex segretario di stato per gli affari esteri Boris Johnson, vuole la Gran Bretagna fuori dall’Europa entro l’attuale scadenza del 31 ottobre, aumentando le possibilità di un’uscita senza accordo. Per evitarlo qualche parlamentare della maggioranza potrebbe allearsi con i laburisti in un voto di sfiducia al governo, portando il Regno Unito verso nuove elezioni”.

La sterlina “ha già prezzato larga parte del possibile ribasso innescato da una hard Brexit dato che l’Unione Europea non sembra intenzionata a rinegoziare l’accordo di uscita. In assenza di una soluzione facile e rapida in vista, è probabile che la valuta britannica, l’azionario e il Paese intero siano destinati a un altro periodo di forte volatilità nell’avvicinamento alla scadenza halloweeniana. L’impatto completo sull’economia e sulle aziende UK non è noto, ma i rischi sono chiaramente di una contrazione dato che molte società stanno riestraendo i loro piani in ottica hard Brexit – preparandosi al peggio, sperando nel meglio”. 

“Una hard Brexit – spiega l’esperto - sarà negativa per la sterlina nel tempo e ci aspettiamo che la crescita della Gran Bretagna manterrà ritmi più lenti rispetto ai competitor a causa di questa incertezza. In aggiunta, in un mondo di dazi crescenti e guerre commerciali, essere un piccolo paese escluso da uno dei principali blocchi commerciali potrebbe non essere la posizione migliore dalla quale negoziare. Questo non vuol dire comunque che gli investitori dovrebbero tenersi alla larga dalle aziende britanniche o dalle società europee esposte al Regno Unito”.

“La maggior parte delle multinazionali UK avrà preso provvedimenti per coprire le proprie esposizioni valutarie e grazie alla svalutazione della sterlina diventeranno relativamente economiche rispetto ad altri player globali. La chiave sarà trovare società in grado di navigare in diversi scenari politici, che hanno flussi di reddito reali, una posizione di mercato dominante e un’operatività su diversi mercati”, conclude Phelps.

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