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Dietrofront Banche centrali, i mercati traggono beneficio

6/25/2019

A stemperare la rinnovata fiducia degli investitori la persistente incertezza data dalle tensioni commerciali USA-Cina


In sei mesi tutto cambia. Anche la politica monetaria delle Banche centrali che da gennaio hanno operato un considerevole dietrofront tanto da risollevare in maniera istantanea il clima di fiducia degli investitori. 

"In risposta ai toni accomodanti della Fed, i corsi azionari hanno preso il volo e segnato un marcato rialzo nel primo trimestre, che ha totalmente azzerato la correzione di fine 2018. Il fallimento dei negoziati commerciali USA-Cina ha successivamente stemperato tali guadagni, ma la svolta della Fed e il contesto di tassi più bassi per più tempo hanno regalato una seconda vita a questo ciclo economico" spiega l'economista di Capital Group Darrell Spence.

Sul fronte tassi di interesse, queli a più lungo termine "potrebbero rimanere contenuti per più tempo anche se tra qualche mese la Fed dovesse ricominciare ad alzare il costo del denaro. Questo perché il rallentamento della crescita esterna, l'incertezza politica in Europa, i bassi rendimenti dei titoli di Stato esteri, la domanda stabile di Treasury USA e il sobbollire della disputa commerciale tra Washington e Pechino potrebbero continuare a pesare sui tassi a lungo termine" spiega l'esperto.

 

Attenzione però, è bene non farsi illusioni: "dopo un decennio di crescita, gli ostacoli economici si rafforzano: dagli aumenti salariali alla rigidità del mercato del lavoro, l'economia continua a esibire caratteristiche di fine ciclo. Queste condizioni sono destinate a farsi più pronunciate, esercitando sempre più pressioni sulle società e sull'economia" mette in guardia Spence.

Quali sono oggi gli eccessi? E quali i rischi? "Un esempio è dato dai bilanci gonfiati delle società che si sono indebitate un po' troppo allegramente. Nel settore non finanziario statunitense, l'indebitamento ha raggiunto il massimo storico del 46,7% del PIL a fine 2018. Gran parte di questo debito a basso costo è stato usato per finanziare dividendi, riacquisti azionari e fusioni/acquisizioni. A partire dal 2013, i primi due hanno generalmente superato i livelli di free cash flow. In molti casi, l'ammanco è stato coperto emettendo debito e gonfiando artificialmente la crescita degli utili per azione e i corsi azionari stessi" commenta l'esperto di Capital Group.

 

In conclusione però "in mancanza di un fattore di innesco come la salita dei tassi o il rallentamento della crescita economica, questi eccessi continueranno ad accumularsi, col pericolo di gonfiare ulteriormente le quotazioni azionarie nel breve termine, portando poi a una maggiore volatilità di mercato in un secondo momento. Al 31 maggio 2019, il rapporto prezzo/utili dell'indice Standard & Poor's 500 Composite era pari a 16,5, superiore alla media decennale di 15" conclude l'economista.

 

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