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FED impotente contro l’inasprimento dei dazi. Ecco perché

8/26/2019 | Daniele Riosa

Per Haefele di UBS AG, “nello scenario negativo di una tariffa del 25-30% su tutte le importazioni cinesi negli USA, anche un allentamento monetario più aggressivo sarebbe insufficiente”


L’evento più importante della giornata di venerdì scorso per i mercati avrebbe dovuto essere il discorso del presidente della Federal Reserve (Fed) al simposio delle banche centrali di Jackson Hole, da cui gli investitori speravano di ottenere maggiori indicazioni sui futuri tagli dei tassi statunitensi. Invece, come spiega Mark Haefele, global chief investment officer GWM, UBS AG, “Powell non ha comunicato grandi novità e le sue parole hanno rafforzato la nostra convinzione che la Fed effettuerà un allentamento monetario sufficiente perché la curva dei rendimenti torni ad assumere un’inclinazione positive”.

“Agli attuali prezzi di mercato – argomenta l’esperto - sarebbero quindi necessari ulteriori tagli dei tassi per 75 pb. Il mercato sembrava essere d’accordo, alla luce della reazione relativamente contenuta dei listini sia azionari che obbligazionari. Ma dopo il discorso di Jackson Hole sono giunte le ultime minacce di escalation nello scontro commerciale da parte del Presidente Trump, che potrebbero influire sui calcoli della Fed. Pur riconoscendo le prospettive di crescita positive e la ripartenza dell’inflazione, Powell ha confermato che gli ulteriori tagli dei tassi saranno mirati a gestire i numerosi rischi negativi. Gli annunci di nuovi dazi diffusi venerdì accrescono i rischi e potrebbero indurre la Fed a intervenire in modo più aggressivo".

Il rischio per l’economia e i mercati finanziari è che “probabilmente, nello scenario negativo di una tariffa del 25-30% su tutte le importazioni cinesi negli Stati Uniti, anche un allentamento monetario più aggressivo sarebbe insufficiente e giungerebbe troppo tardi. Pertanto, a nostro avviso le prospettive del mercato a breve termine dipenderanno essenzialmente dalla politica commerciale, non dalla politica monetaria. Per il momento ci aspettiamo che gli Stati Uniti riescano a evitare una recessione il prossimo anno, ma questo scenario è esposto a rischi nnegativi”.

Nel complesso, “l’attuale contesto giustifica un approccio equilibrato all’assunzione di rischio nei portafogli. Le prospettive di rialzo a breve termine appaiono limitate, ma l’allentamento monetario fornisce sostegno al mercato e non possiamo escludere una pausa, o addirittura un’inversione, nell’escalation delle tensioni commerciali tra Stati Uniti e Cina. Nella nostra asset allocation tattica, raccomandiamo di potenziare i rendimenti mediante una combinazione di posizioni di carry su valute dei mercati emergenti, debito sovrano emergente in valuta forte e obbligazioni investment grade in euro. Manteniamo inoltre sovrappesi selettivi su azioni statunitensi e giapponesi che dovrebbero ottenere buoni risultati se il nostro scenario di riferimento (nessuna recessione) si dimostrasse corretto”.

“Tuttavia, deteniamo anche posizioni anticicliche, in particolare un’esposizione allo yen giapponese e un’opzione put sull’S&P 500, per gestire i rischi di ribasso”, conclude Haefele.

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