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Guerra commerciale, la vittima principale è l'Europa

10/9/2019 | Max Malandra

A spiegarlo Karen Ward (JP Morgan A.M.) che da Londra manda un segnale chiaro anche in merito alla prossima recessione USA. Ecco perché, per difendere il portafoglio...


In occasione dell’International Media Summit di Jp Morgan Asset Management, in corso a Londra, Karen Ward, Chief Market Strategist EMEA del gruppo, ha provato a rispondere alle domande che più angustiano i clienti del colosso statunitense del risparmio gestito. Vediamole in dettaglio.

 

I danni della guerra commerciale.
Il commercio vale il 27% del Pil statunitense e il 38% di quello cinese, ma purtroppo il 78% di quello dell’Unione Europea. Ecco che quindi la vittima principale della cosiddetta trade war sarà proprio il Vecchio Continente. E sembra proprio un conflitto che persisterà ancora: un sondaggio di fine settembre ha evidenziato come la maggioranza degli elettori statunitensi abbia un’opinione negativa della Cina, indipendentemente dal partito di riferimento: più in dettaglio, il 70% degli elettori Repubblicani e il 59% di quelli Democratici. Ma in tutto questo a pagare dazio (è proprio il caso di dirlo) sarà l’Europa, che già ora evidenzia indici Pmi relativi all’occupazione nei servizi in area 53 punti (la soglia dei 50 punti è convenzionalmente quella che divide una fase economica espansiva da una di contrazione), mentre quello relativo all’occupazione manifatturiera in caduta libera (da 58 a 48 punti in meno di due anni).

 

Quando sarà la prossima recessione Usa e quanto profonda?
Non è possibile chiaramente prevedere con certezza quando avverrà. Tuttavia lo scenario macroeconomico, nel corso dell’ultimo semestre, è notevolmente peggiorato. Guardando al grafico che evidenzia il livello di rischio cui eravamo sei mesi fa e ora, vediamo che per quasi tutti i principali indicatori economici statunitensi le evidenze sono di un aumento del rischio, anche se per ora solamente il dato dei “nuovi ordini” dell’Ism Manifatturiero segnala profondo rosso. In ogni caso lo scenario diventa sempre più complicato, anche se rimane positivo il buon dato relativo ai debiti delle famiglie tornato sotto l’80% (era al 100% nel 2007).

 

Cosa è rimasto nell’arsenale delle Banche Centrali?
Le Banche Centrali si sono mosse con decisione: ad esempio la BNS svizzera ha portato i tassi fino a -0,75%; se da un lato questo agevola i governi che hanno ridotto il proprio costo del debito, dall’altro il metodo rischia di essere utilizzato da ogni Banca Centrale per indebolire la propria valuta (come peraltro suggerisce regolarmente Trump alla Fed). Spingere i tassi sempre più in negativo si sta quindi rivelando per i banchieri centrali una nuova arma da annoverare tra i propri strumenti non convenzionali.  E sicuramente positiva per la duration dei bond: basti vedere il governativo a 100 anni dell’Austria, con quotazioni raddoppiate in circa due anni.

 

Come proteggere il portafoglio?
I bond non rendono praticamente più nulla – il 60% dei governativi ha rendimento inferiore all’1% e per quasi il 40% è negativo – quindi l’asset class è da usare come strumento di assicurazione e non di reddito. Cosa utilizzare quindi per fare income? Ad esempio le infrastrutture, che nel corso degli ultimi anni hanno avuto rendimenti vicini al 10% tra reddito e apprezzamento degli asset. Oppure l’azionario, soprattutto quello delle large cap, difensive, value, di qualità, che storicamente ha limitato i drawdown rispetto all’S&P500.

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