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Stati Uniti, mai così basso il tasso di crescita

10/24/2019 | Redazione Advisor

Novelli (Lemanik): "Gli Usa verranno trascinati nel rallentamento globale, registrando il tasso di crescita peggiore degli ultimi anni"


“I recenti dati macro confermano che l’economia mondiale è entrata da qualche mese in un contesto pre-recessivo. Gli Stati Uniti verranno trascinati nel rallentamento globale fronteggiando la fine del 2019 con una crescita tendenziale di circa l’1,5% del Pil, evitando per ora la recessione, ma registrando il tasso di crescita peggiore degli ultimi anni”. Ha spiegato Maurizio Novelli, gestore del Lemanik Global Strategy Fund.

 

Storicamente, le recessioni sono state perlopiù procurate da eventi microeconomici o da eventi di natura finanziaria. Nei due casi, è il cedimento del settore leader della crescita economica che procura la recessione. Oggi però non sembra che l’economia mondiale abbia un settore leader che eserciti il volano della crescita: dopo la crisi del 2008, che ha visto il cedimento del real estate americano, settore leader, l’economia è ripartita senza avere apparentemente un nuovo settore leader di crescita. L’Asia è stato il maggior beneficiario di questa evoluzione e la Cina ha raccolto il flusso principale di investimenti globali negli ultimi venti anni. Le aziende americane hanno guidato il trend di delocalizzazione globale in Asia, hanno perso posti di lavoro nel settore manifatturiero, sostituendoli con occupazioni a basso reddito, e hanno accumulato un debito estero pari al 45% del Pil rispetto al 10% che avevano del 2000.

 

“Per compensare questo meccanismo perdente per l’economia interna ma vincente per le società quotate, l’economia americana ha sostituito il motore della crescita fornito dalla corporate America con il settore privato, innescando nuovi modelli di crescita dipendenti da consumi interni basati sul debito”, ha spiegato Novelli. “Questi meccanismi hanno generato la crisi del debito sul real estate nel 2008 e ora rischiano di procurare un'altra crisi sul credito al consumo, che contribuisce a sostenere il 30% dei consumi interni e dunque circa il 23% del Pil americano. I consumi interni, che corrispondono al 75% del Pil Usa, sono il settore leader della crescita economica americana ma costituiscono anche il 15% di tutti i consumi mondiali. Le probabilità di una recessione globale dipendono molto da quello che succederà nei due principali motori della crescita mondiale: gli investimenti nella value chain globale, che sono il perno della globalizzazione e del commercio, e i consumi interni Usa”.

 

Quello che è importante seguire nei prossimi mesi è l’andamento dei consumi interni degli Stati Uniti ma soprattutto il mercato del lavoro. Se infatti si dovesse delineare uno scenario di persistente debolezza del ciclo economico, come già ora sta accadendo, le aziende potrebbero iniziare a ridurre, anche solo frazionalmente, l’occupazione per compensare la discesa dei profitti già iniziata da tempo. In concomitanza con l’elevata percentuale di subprime nel credito al consumo, un piccolo aumento della disoccupazione produrrebbe un aumento delle insolvenze e una inevitabile restrizione del credito al consumo. Dato che il credito è un fenomeno pro ciclico e non dipende dal livello dei tassi ma dalle aspettative sull’economia, una restrizione del credito nel settore leader della crescita Usa produrrebbe quasi certamente una recessione.

 

“Anche se la Fed dovesse proseguire nella politica di riduzione dei tassi sarà molto difficile assistere a una ripresa dell’indebitamento perché il sistema si trova già esposto a livelli di leverage molto elevati”, ha concluso Novelli. “Il secondo settore leader della crescita mondiale, i consumi americani basati sul debito, hanno iniziato a entrare nella classica zona d’inversione. Per riattivarli occorrerebbe avviare un piano di stimolo fiscale mirato sui redditi. Non è certo che, alla luce dei recenti sviluppi nella politica interna americana, questa possibilità sia realizzabile prima delle elezioni del 2020”.

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