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Cina, l’incubo seconda ondata Covid-19 frena la ripresa

5/7/2020 | Daniele Riosa

Jacob (JK Capital Management Ltd): “Nel secondo trimestre i risultati delle società quotate potrebbero essere negativi quasi quanto lo sono stati nel primo trimestre”


Fabrice Jacob, ceo di JK Capital Manangement Ltd. , società di gestione affiliata di La Française con sede ad Hong Kong, fa il punto sulla situazione economico-finanziaria della Cina alla prese con una Fase 2 estremamente delicata che vede la popolazione molto timorosa a causa di una possibile recrudescenza del Coronavirus.

“Le fabbriche – rileva l’esperto - sono tutte al lavoro e producono secondo le linee guida del governo centrale, che ha dato la priorità alla riapertura dell’economia, ma gli ordini non sono ancora tornati a pieno regime dal momento che i clienti stranieri rimangono ancora in lockdown. Di conseguenza, le scorte si accumulano. I proprietari dei centri commerciali hanno rinunciato ad incassare gli affitti durante lo shutdown delle città, ma ora che la chiusura generalizzata è alle spalle il traffico di persone rimane scarso. Il governo centrale ha rinunciato a tutti i contributi per la previdenza sociale e le autorità locali hanno rinunciato a propria volta ad incassare le tasse, fornendo sussidi alle aziende impossibilitate a lavorare durante lo shutdown: anche questa fase, però, è al termine”. 

Pertanto, “riteniamo che nel secondo trimestre i risultati delle società quotate potrebbero essere negativi quasi quanto lo sono stati nel primo trimestre, sebbene la Cina abbia riaperto le attività. Perché Pechino si rialzi, è necessario che la crisi Coronavirus torni decisamente sotto controllo in tutto il mondo e che anche le economie straniere riaprano le attività. Tuttavia, prima che queste due condizioni possano venire soddisfatte, riteniamo che il governo centrale non annuncerà alcun massiccio stimolo fiscale né alcun taglio aggressivo dei tassi di interesse. Sarebbe uno ‘spreco di munizioni’.

“Fino ad ora – sottolinea l’economista - le misure fiscali si sono concretizzate in progressivi e isolati sforzi che, messi tutti assieme, ammontano ad appena il 3% del Pil. Il cosiddetto ‘helicopter money’ è stato limitato ad alcune città e rigidamente concentrato sui consumi, Pertanto, per la Cina è cruciale che Europa e USA riaprano il prima possibile, per dare un impulso alla domanda di prodotti cinesi. Quello sarà il momento in cui, con ogni probabilità, Pechino deciderà di agire con forza sul fronte monetario e fiscale, con l’impatto positivo che è lecito immaginarsi sui mercati azionari”.  

In conclusione Jacob pensa che “a fine 2020 gli indici azionari cinesi si attesteranno a livelli più alti di quelli registrati a inizio anno. Riteniamo che una porzione significativa della considerevole massa di liquidità stampata da FED e BCE nell’ambito del quantitative easing verrà investita in azioni e bond cinesi. Il Paese offre un’abbondante liquidità di mercato, una combinazione di solide politiche monetarie e tassi di interesse reali positivi, una valuta stabile sostenuta da un saldo di conto corrente neutro e da vaste riserve valutarie, una ponderazione sugli indici MSCI che continua a crescere, un’economia che può resistere alle attuali turbolenze grazie alla domanda alimentata da una classe media in crescita e, soprattutto, stabilità politica”.

 

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