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Tra confusione e incertezza, un’occasione per l’Europa?

7/14/2020

Luca Tobagi espone la view di Invesco sui possibili scenari di ripresa economica, sui mercati e sulle sfide che attendono il Vecchio Continente


Confusione, complessità e incertezza. Sono i tre termini che definiscono meglio il contesto globale in cui ci troviamo a seguito della pandemia da Coronavirus. E’ questa la view di Luca Tobagi (nella foto) CFA - investment strategist, product director di Invesco, esposta nel corso di un webinar dedicato alla stampa nel quale lo strategist ha illustrato l’outlook di mercato per il secondo semestre del 2020.

 

Tra i diversi scenari per la ripresa, ipotizzati sulla base di varabili decisive quali la restrittività dei lockdown e la possibilità di nuove ondate di contagi, lo scenario ritenuto più probabile è quello di una traiettoria a “swoosh”, caratterizzato da un allentamento graduale dei lockdown e un graduale ritorno alla normalità precedente che richiederà circa 18 mesi: l’ipotesi è quindi che, se le cose andranno ragionevolmente bene, a fine 2021 il PIL tornerà ai livelli di fine 2019, con una ripresa della crescita nel 2022. Si tratta comunque di ipotesi, data l’elevata situazione di incertezza legata all’evoluzione della pandemia.

 

In questo contesto, Tobagi sottolinea come anche dai mercati giungano segnali piuttosto confusi. Finora il 2020 è stato un anno decisamente misto per le asset class: solo il 39% ha avuto rendimenti positivi da inizio anno, prevalentemente segmenti del comparto obbligazionario, alcune materie prime (in primis l’oro), pochissimi mercati azionari (Nasdaq, S&P500 e mercato cinese). Il primo messaggio poco chiaro da parte del mercato in questo momento secondo Tobagi riguarda la performance dei cosiddetti asset rifugio, che lo strategist definisce i “termometri della preoccupazione”: l'oro in particolare, anche nella fase di grande recupero dei mercati, iniziata a fine marzo, ha avuto un andamento estremamente positivo, ma altre attività considerate safe haven come Bund tedesco, Treasury Usa yen hanno comunque tenuto. Sicuramente le politiche molto accomodanti delle Banche centrali hanno un ruolo in questa fase e forniscono una parziale giustificazione di tale anomalia, ma è comunque un elemento di attenzione.

 

Allo stesso tempo, i mercati azionari da fine marzo in poi hanno “sposato” lo scenario più ottimistico di ripresa. Nonostante la grandissima incertezza riguardo all’impatto e alle conseguenze della pandemia sull’economia reale, le aspettative di consenso sono di una ripresa a “V” degli utili aziendali. Se si guarda all’indice S&P 500, gli utili sono visti in aumento del 50% dal 2020 al 2022: +28,7% il prossimo anno, +16,5% l’anno successivo. Ottimismo che non è condiviso dai mercati obbligazionari, dove gli spread si sono allargati, e se si osserva ad esempio il segmento del credito investment grade, le probabilità implicite di default nei prossimi 5 anni sono ancora elevate, specialmente negli Stati Uniti.

 

Un interrogativo che ci si può porre in prospettiva è se le misure di stimolo monetario e fiscale messe in capo da governi e banche centrali potranno portare in futuro ad un ritorno dell’inflazione e se questo rappresenta un rischio. Tobagi al momento non intravede rischi all’orizzonte, almeno nel breve termine, mentre nel medio termine sicuramente sono stati gettati i semi per una possibile ripresa di una dinamica al rialzo dei prezzi. Va tuttavia evidenziato che in un mondo caratterizzato da un elevato debito tutto sommato una ripresa dell’inflazione anche superiore alle attese sarebbe anche desiderabile, visto che storicamente l’inflazione è sempre stata una via d’uscita “comoda” da situazioni di debito eccessivo. Da questo punto di vista bisogna anche rilevare che a causa della situazione debitoria già elevata e che è destinata ad appesantirsi ulteriormente in tutto il mondo in conseguenza della pandemia, la deflazione rappresenta in realtà un rischio più grande dell’inflazione: la deflazione aumenta l’onere del debito in termini reali, rendendolo un fardello sempre più pesante.

 

Un ultimo tema, non certo per importanza, su cui si è focalizzata l’analisi di Tobagi è il futuro dell’Europa, che si trova oggi ad affrontare una grande sfida che rappresenta però anche una grande occasione per promuovere una maggiore integrazione. Da questo punto di vista il Recovery Fund, o Next Generation EU, come lo si voglia chiamare, rappresenta un segnale forte in questa direzione. “Anche se la strada per ottenere l'approvazione da parte di tutti gli Stati membri può essere ancora lunga, l’UE ha inviato un messaggio forte della sua determinazione ad essere presente dove è importante, per coloro per cui è importante, nella forma che conta” ha sottolineato Tobagi. Siamo ancora lontani dall’unione fiscale, ma sarebbe già uno strumento europeo condiviso, utilizzabile in pratica per mitigare le tensioni e le spinte centrifughe che i differenziali di competitività fra Paesi, in situazione di crisi, potrebbero esacerbare, e che rappresentano un elemento di rischio per la tenuta dell’area Euro e per la stabilità non solo economica, ma anche politica e sociale degli Stati in maggiore difficoltà.

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