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La costante resilienza dell’obbligazionario cinese

7/28/2020 | Redazione Private

Brd Tank (Neuberger Berman): “A fine aprile il rendimento da inizio anno dell’S&P China Bond Index era pari al 3,7%”


Brad Tank, chief investment officer fixed income di Neuberger Berman, focalizza la sua analisi sul mercato obbligazionario cinese, ancora poco considerato dagli investitori esteri, nonostante generi attualmente rendimenti corretti per il rischio più interessanti a livello mondiale. Vediamo di seguito le sue considerazioni.

Come mai gli investitori esteri non apprezzano l’ampio mercato obbligazionario cinese? Vale la pena conoscerlo meglio? A seconda dei criteri usati, la Cina è la seconda economia mondiale oppure addirittura la prima. Ovvio, quindi, che vanti un mercato obbligazionario di grandi dimensioni. Di fatto, il secondo al mondo, alle spalle degli Stati Uniti. Vi sono più di 5.000 emittenti onshore di obbligazioni denominate in yuan mentre il valore del debito circolante supera i 10.000 miliardi di dollari. Oltre 6.000 miliardi sono crediti societari, un valore praticamente equivalente a quello rappresentato dal Bloomberg Barclays U.S. Corporate Investment Grade Index. Ciò nonostante, ci capita ancora di incontrare investitori che non prendono in considerazione il mercato obbligazionario cinese, men che meno di dedicarvi una posizione in portafoglio. Secondo i dati di Citi, meno del 4% di questo mercato ha raccolto capitali da investitori esteri e la maggior parte di questi investimenti interessa i tassi, anziché i crediti. Il dato contrasta con la media del 40% di altri mercati obbligazionari sia sviluppati che emergenti. Com’è possibile tutto ciò?

Un mercato rappresentato in modo inadeguato

Il motivo va ricercato nel fatto che da sempre il mercato obbligazionario cinese sia scarsamente accessibile. Persino dopo le recenti liberalizzazioni, culminate con il lancio della piattaforma Hong Kong Bond Connect, resta difficile parteciparvi in termini strettamente operativi, in particolare per quanto riguarda il credito societario. Bloomberg sta gradualmente includendo 363 obbligazioni onshore cinesi nel Bloomberg Barclays Global Aggregate Index e JPMorgan sta muovendosi in modo analogo con gli indici GBI-EM Global Diversified. Ma si parla di pesi inferiori al 10%, che rappresentano in modo inadeguato le dimensioni di questo mercato. Bisogna poi capire se e quanto la Cina sia davvero intenzionata a procedere con le liberalizzazioni, specialmente adesso che i rapporti con gli Stati Uniti e altri Paesi sono diventati più difficili. Iniziate un paio di anni fa come una controversia di natura commerciale, negli ultimi dodici mesi le tensioni hanno subito un’escalation su diversi fronti, che vanno dalla sicurezza del 5G al coronavirus, dal futuro di Hong Kong alla chiusura dei consolati, avvenuta la settimana scorsa. I fattori geopolitici, a nostro avviso, hanno frenato gli investimenti. Non si tratta quindi di un investimento privo di difficoltà o privo di rischi. Il gioco vale la candela?

Resilienza

Secondo noi, sì. Il mercato azionario cinese genera alcuni dei rendimenti corretti per il rischio più interessanti a livello mondiale. Il Paese ha un rapporto tra debito sovrano e PIL pari al 60% e i suoi titoli di Stato hanno ricevuto un rating A+ da parte di Standard & Poor’s, rating competitivo rispetto a molti dei più solidi emittenti sovrani al mondo. Allo stesso tempo, il titolo di Stato con scadenza decennale ha attualmente un rendimento superiore al 3% e uno spread record di 240 punti base rispetto ai Treasury USA di pari durata. Nel mercato societario, inoltre, è normale che le obbligazioni prevedano opzioni put che riconoscono agli investitori la possibilità di richiedere un rimborso anticipato, una clausola preziosa qualora i tassi di interesse dovessero aumentare. Questi strumenti sono anche gli unici che consentono un’esposizione obbligazionaria diretta all’economia reale nazionale cinese, in tutta la sua diversità, contrariamente all’esposizione offerta dai titoli di Stato, immobiliari e tecnologici, che costituiscono l’80% del ben più accessibile mercato offshore, denominato in dollari USA. Dal 2011, il rendimento annualizzato di questo mercato ha viaggiato attorno al 5%, con una correlazione praticamente nulla rispetto a qualunque altro mercato obbligazionario, inclusi quelli di altri mercati emergenti. La caratteristica più sorprendente di tutte è forse rappresentata dalla costante resilienza anche nei momenti più bui della crisi del coronavirus, nei primi mesi dell’anno. A fine aprile, il rendimento da inizio anno dell’S&P China Bond Index era pari al 3,7%. Il numero di prime insolvenze tra gli emittenti obbligazionari societari è, di fatto, notevolmente calato rispetto al 2019. Invero, la performance del mercato onshore è stata talmente positiva che, se non altro in via temporanea e relativamente alle società che emettono obbligazioni sia onshore che offshore, l’opportunità più interessante è quella offerta (secondo noi) dal mercato denominato in dollari USA, che ha registrato un arretramento consistente con il calo della liquidità globale. 

Ripresa

Guardando al futuro, oltre alla dimostrata resilienza durante la crisi sanitaria, il mercato obbligazionario cinese potrebbe, a nostro avviso, offrire una buona esposizione alla ripresa. La Cina è stata la prima economia colpita dalla pandemia e la prima a ritornare a crescere: nel secondo trimestre, quando gli Stati Uniti e l’Europa hanno subito una battuta d’arresto, la Cina è cresciuta del 3,2% e gli economisti prevedono un’espansione compresa tra il 5,5 e il 6,0% nel secondo semestre. Il nostro team obbligazionario cinese a Shanghai ritiene che il potenziale di ripresa sia particolarmente forte nel settore immobiliare e quello chimico. Dopo essere crollate del 69% anno su anno a febbraio, le vendite di abitazioni sono tornate in linea con i dati del 2019. Le politiche di governo sono generalmente favorevoli a chi acquista casa e i tassi dei mutui sono in calo. Al contempo, la maggior parte delle società di sviluppo edilizio è riuscita a ridurre il proprio indebitamento durante la crisi e a stabilizzare i bilanci prima dell’inizio della ripresa. Nel settore chimico, il team sta valutando i dati relativi alla filiera produttiva dell’acido tereftalico purificato (PTA) e dei filati totalmente stirati (FDY), tra i principali materiali utilizzati per la produzione di vestiario e mascherine protettive. In Cina è già in atto una ripresa delle vendite di vestiario e prevediamo che negli anni a venire il commercio dei capi di abbigliamento registrerà una crescita costante. Parallelamente, l’eccesso di offerta di PTA sembra essere stato assorbito dall’eccezionale domanda di mascherine. 

Liberalizzazione del mercato 

Questi sono solo due dei temi che abbiamo individuato nel terzo mercato obbligazionario e creditizio mondiale. In un mondo dove i rendimenti sono prossimi allo zero, il debito cresce in maniera esponenziale e i rischi di insolvenza aumentano, riteniamo che il profilo e il potenziale di questo mercato potrebbero sorprendere gli investitori. Infine, come società di investimenti, siamo dell’avviso che la Cina punti davvero alla liberalizzazione del mercato. Ha già compiuto notevoli passi avanti, ma riteniamo probabili ulteriori iniziative volte ad agevolare la partecipazione di banche e gestori patrimoniali esteri e ad aumentare liquidità e trasparenza. L’obiettivo strategico di Pechino, infatti, è di rendere la valuta, i mercati e gli istituti nazionali un’alternativa credibile ai mercati del dollaro, dell’euro e dello yen. Questo è il motivo per cui Neuberger Berman è, storicamente, uno dei primi gestori esteri in Cina: già nel 2017, la nostra società era tra i primi cinque gestori ad avere ottenuto la licenza per costituire una società interamente partecipata con capitali esteri per gestire asset cinesi onshore per clienti cinesi onshore. Può darsi che scalare la Grande Muraglia per raggiungere il mercato obbligazionario onshore cinese si riveli faticoso, ma crediamo che dall’altro lato della barriera ci attendano moltissime opportunità.

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