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Il futuro della Cina tra Covid e guerra commerciale

10/5/2020

L’emergenza sanitaria sembra in via di conclusione, ma restano elevate le tensioni commerciali con gli Stati Uniti. L’analisi di DJE Kapital AG


L’economia cinese continua a riprendersi dallo shock del primo trimestre e del primo semestre del 2020. Non ci sono stati praticamente nuovi contagi nella Cina continentale negli ultimi mesi, dopo il picco di febbraio. Di conseguenza, la vita sta sempre più tornando alla normalità in un numero crescente di aree. Stefan Breintner, deputy head of research & portfolio management di DJE Kapital AG, analizza le prospettive del colosso asiatico tra fine dell’emergenza sanitaria e escalation della guerra commerciale con gli Stati Uniti.

 

 “In generale, i cinesi stanno comprando sempre più prodotti locali, e alcuni brand stanno crescendo molto” spiega l’analista. “Questo trend probabilmente continuerà e ciò a sua volta implica difficoltà per molte società di beni di consumo americane o occidentali per il futuro, poiché i loro prodotti potrebbero essere meno richiesti sul mercato cinese, spesso fortemente profittevole. Tuttavia, i produttori di beni di lusso di alta qualità saranno probabilmente l’eccezione. I consumatori cinesi infatti sono di gran lunga la categoria più importante per i gruppi del lusso. Le vendite in Cina stanno attraversando una fase di forte espansione e la domanda di borse costose e prodotti simili è molto forte. Mentre prima questi beni venivano comprati a Milano, Parigi, Londra o New York, oggi queste vendite si sono spostate nel mercato locale. Gli operatori di centri commerciali del lusso in città di prima fascia come Shangai stanno perciò facendo ottimi affari in questa fase”.

 

In generale, i crescenti consumi interni probabilmente costituiranno il driver più importante e, allo stesso tempo, l’elemento stabilizzante della crescita economica cinese nei prossimi anni. “I consumi al momento rappresentano circa il 38% del Pil cinese. Nelle nazioni industrializzate occidentali, la quota spesso arriva al 70%, persino leggermente al di sopra nel caso degli Stati Uniti. Concentrandosi sui consumi domestici e promuovendo specificamente alcune regioni e tecnologie, la Cina vuole rendere la propria economia più indipendente dall’estero. La promozione di tale indipendenza probabilmente sarà un obiettivo dichiarato del quattordicesimo Piano Quinquennale, che sarà introdotto a marzo 2021”.

 

Per quanto riguarda il conflitto commerciale USA-Cina, secondo Breintner anche nel caso di una eventuale vittoria di Biden, le tensioni tra Pechino e Washington probabilmente permarranno, ma con il candidato democratico alla Casa Bianca i toni potrebbero diventare più moderati. “Uno dei più importanti obiettivi strategici nel prossimo Piano Quinquennale, oltre all’enorme rafforzamento della domanda domestica, sarà probabilmente una maggiore autosufficienza del Paese, cioè una scarsa dipendenza dai Paesi stranieri, per quanto riguarda materie prime importanti (energia) e componenti tecnologici chiave come i microchip ad alta performance”

 

Il centro del conflitto con gli Usa nei prossimi anni rimarrà probabilmente l’inseguimento della leadership tecnologica. “I semiconduttori sono il terreno di scontro“ è una frase che sentivamo spesso da tanti esperti. “Le conseguenze di medio e lungo termine per l’industria dei processori, specialmente per i grandi produttori americani (le vendite in Cina spesso superano il 20% del totale) sono molto difficili da stimare. Se gli Stati Uniti dovessero allargare la loro cosiddetta black list per includere le principali società tecnologiche cinesi, oltre a Huawei, la Cina risponderebbe probabilmente nello stesso modo. I produttori di chip coreani o giapponesi ne beneficerebbero. Al momento, il comportamento cinese è strategico e molto riluttante a rispondere alle politiche di Trump, sebbene ciò potrebbe cambiare dopo la campagna elettorale americana” conclude Breintner.

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