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Il cambiamento climatico presenta un conto salatissimo

11/6/2020 | Daniele Riosa

Irene Lauro (Schroders): “Il danno medio causato dalle alluvioni negli USA è stato di circa 4 miliardi di dollari negli anni ’90, in crescita rispetto ai 360 milioni degli anni ’80”


Non è solo a lungo termine che il cambiamento climatico può causare danni economici. Irene Lauro, economista di Schroders, ricorda che “la temperatura combinata di terra e oceano è aumentata di un tasso medio di 0,07°C per decennio dal 1880. Tuttavia, dal 1981 questo tasso è più che raddoppiato (0,18°C), secondo i dati dello US National Oceanic and Atmospheric Administration (NOAA) 2019 Global Climate Summary. Questo calore supplementare è responsabile delle temperature estreme a livello regionale e stagionale, dello scioglimento delle calotte polari e delle piogge più abbondanti”.

Quali sono gli effetti economici dei disastri climatici? “È chiaro – risponde l'esperta - che sono distruttivi e hanno spesso effetti devastanti per le persone e l’ambiente. Tuttavia, valutare il loro impatto economico è complesso, vista la mancanza di dati, i problemi di misurazione e la loro imprevedibilità. Qui il nostro obiettivo è di quantificare le perdite economiche indotte da alluvioni e cicloni. Inoltre, ci focalizzeremo soltanto sulle perdite economiche dirette (ad es. danni a edifici e infrastrutture e perdite legate all’interruzione dell’attività economica). Non prenderemo quindi in considerazione i danni indiretti legati a mortalità, carestie, mancanza di acqua, migrazioni e perdite dovute all’interruzione delle catene di approvvigionamento”.

Sulla base dei dati di Munich Re1, l'economista ha “scoperto che le perdite economiche medie sono aumentate negli ultimi decenni in gran parte dei Paesi considerati. Nello specifico, il danno medio causato dalle alluvioni negli USA è stato di circa 4 miliardi di dollari negli anni ’90, in crescita rispetto ai 360 milioni degli anni ’80, mentre nel primo decennio degli anni 2000 le perdite sono state più di 1,2 miliardi. Tra i Paesi analizzati, la Cina sembra essere il più colpito dalle alluvioni, con una perdita media di 11 miliardi negli anni ’90 e di 3,6 miliardi nel decennio 2000-2010. Gli USA sono invece i più colpiti dai cicloni tropicali, con un danno stimato di 24 miliardi tra il 2000 e il 2010, in rialzo dai 2 miliardi degli anni ’80”.

Le perdite economiche durano nel tempo? “Parte della letteratura sull’economia dei cambiamenti climatici- risponde la maager - mostra che i disastri naturali potrebbero di fatto sostenere la produttività delle aziende e promuovere la crescita sul lungo termine, dato che le società che sopravvivono ai disastri tendono ad aggiornare i loro stock di capitale e ad adottare nuove tecnologie. Tale teoria viene chiamata 'distruzione creativa. Un recente studio che analizza l’esposizione fisica dei Paesi ai cicloni tropicali nel periodo 1950-2008 ha dimostrato un calo del reddito rispetto ai trend pre-disastro, e che non vi è stata una ripresa nell’arco di 20 anni. Ciò sembra essere spiegato dal fatto che i disastri rallentano temporaneamente la crescita distruggendo il capitale, ma non si verifica alcun rimbalzo perché i vari meccanismi di ripresa non riescono a compensare l'effetto negativo a breve termine della perdita di capitale”.

“L'analisi sembra sostenere l'ipotesi di 'nessuna ripresa', mostrando che una deviazione standard in un anno di esposizione al ciclone abbassa il Pil di 3,6 punti percentuali a 20 anni di distanza, riportando un Paese medio indietro di quasi due anni di crescita. L’aumento delle temperature è rilevante per la crescita della produttività, e la nostra analisi mostra che gli estremi climatici possono avere effetti anche sul Pil”, conclude Irene Lauro.

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