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USA, la rivoluzione verde è già partita a prescindere da Biden

1/22/2021 | Redazione Advisor

Reznick di Federated Hermes spiega che “nei fatti, questa evoluzione avverrà indipendentemente sulla scia di quelle che sono delle tendenze secolari oltre che grazie al supporto delle leggi in essere”


“Se da un lato il programma del neo-presidente Biden volto a finanziare una vera e propria ripresa verde negli Stati Uniti rappreseneterà di certo un ulteriore elemento catalizzatore per quanto riguarda lo sviluppo e la crescita dei prodotti d'investimento nel segmento ESG e della sostenibilità, dall’altro è opportune notare come, nei fatti, questa evoluzione avverrà indipendentemente sulla scia di quelle che sono delle tendenze secolari oltre che grazie al supporto di natura normativa in essere”.

Mitch Reznick, head of sustainable fixed income per la divisione internazionale di Federated Hermes, spiega che “i finanziamenti verdi continueranno a seguire una significativa traiettoria di crescita per una serie di ragioni eterogenee: in primo luogo l'Unione Europea finanzierà il proprio progetto di ripresa verde con circa 225 miliardi di Euro sotto forma di obbligazioni verdi”.

“Inoltre – prosegue l’esperto - tanto le aziende quanto i governi stanno riscontrando un vantaggio in termini di costo del capitale nell'emissione di obbligazioni verdi. Da sottolineare anche il numero significativamente crescente di aziende che si stanno impegnando a raggiungere obiettivi climatici sostenuti da presupposti scientifici. Infine, gli investitori stanno orientando i propri portafogli in direzione sempre più marcata a favore di asset sostenibili. Siamo nell'epicentro della rivoluzione verde e il Vecchio Continente continuerà a ispirare su scala globale le attività legate alla finanza verde, dato che tanto i governi quanto le aziende stanno cercando di trarre beneficio dal filone del cosiddetto ‘greenium’”.

“E possiamo anche guardare al numero di Paesi, anche al di fuori dell'Europa, che dichiarano si essere pronti all’obiettivo net-zero di emissioni entro il 2050, con anche gli Stati Uniti pronti a rientrare in questa lista”, conclude Reznick.

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