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Tassi Usa, rendimenti in frenata

4/23/2021 | Redazione Advisor

Quali fattori contribuiscono all’inversione di rotta dei Treasury? E quali le principali variabili da monitorare nel prossimo futuro? L’analisi di GAM


Dopo il movimento degli scorsi mesi rallenta la corsa dei tassi americani. Massimo De Palma, responsabile team multi asset Italia di GAM (Italia) SGR analizza i fattori che contribuiscono alla momentanea frenata e le principali variabili da monitorare nel prossimo futuro.

 

“La scorsa settimana negli Stati Uniti sono stati pubblicati numerosi dati macroeconomici che hanno sorpreso in positivo il mercato” spiega De Palma. “In particolare, il forte balzo delle vendite al dettaglio, la discesa delle richieste di sussidi alla disoccupazione e la progressiva crescita dei prezzi al consumo avrebbero dovuto dare nuovo slancio al movimento rialzista sui tassi d’interesse, iniziato ad agosto 2020. Controintuitivamente, i rendimenti dei Treasury sono invece scesi di circa 8 basis point. Un movimento apparentemente inspiegabile: con il successo del piano vaccinale e la conseguente riapertura dell’economia, il sentiment di mercato è in netto miglioramento”

 

Alcuni fattori possono però aiutarci a comprendere questo andamento. “Il primo aspetto è prettamente tecnico, la tendenza rialzista ha subito una forte accelerazione da metà febbraio, quando ha bucato la parte superiore del canale, raggiungendo un livello di ipercomprato tale da innescare un rientro dagli eccessi. A questo si collega la chiusura parziale o totale di posizioni ribassiste, monetizzando gli utili di periodo. Inoltre, a fine marzo termina l’anno fiscale giapponese e, con il mese successivo, gli investitori nipponici ricostruiscono le loro posizioni finanziarie, generando un flusso di acquisti sul Treasury. Il cospicuo differenziale dei tassi tra il titolo governativo americano e quello giapponese ha costituito in questa fase, anche al netto delle coperture del rischio di cambio, un’opportunità interessante” prosegue De Palma.

 

Occupazione e consumi dovrebbero continuare a beneficiare del graduale ritorno alla normalità, ma l’esperto avverte che il mercato potrebbe concentrarsi più sui dati d’inflazione. “I prezzi al consumo americani nei prossimi due mesi salirebbero intorno al 3,6% e poco sopra il 4%, soltanto per effetto dell’uscita dei dati di aprile e maggio dello scorso anno, estremamente negativi (-0,7% e -0,1%). Per certi aspetti, il mercato dovrebbe già scontare il “base effect” descritto, ma è pur vero che la pubblicazione di numeri simili, toccati l’ultima volta durante la crisi finanziaria del 2008, potrebbe generare una reazione emotiva sui tassi di interesse”.

 

Questo aspetto riguarda in prima battuta gli Stati Uniti, come discusso, ma anche la zona euro potrebbe non esserne immune in un prossimo futuro. “La curva dei rendimenti delle obbligazioni europee ha anche un altro motivo d’attenzione, avendo rendimenti negativi e una forma molto più piatta rispetto a quella statunitense. Questo vuol dire che in molti casi gli investitori sono indotti ad accettare un rischio maggiore (duration più elevata), pur di ottenere rendimenti a scadenza meno negativi o appena positivi. Tuttavia, un eventuale irripidimento della curva, come quello avvenuto negli Stati Uniti, nel caso la BCE avesse un “atteggiamento” simile a quanto mostrato dalla Fed nei mesi passati, avrebbe impatti significativi sulle performance di portafoglio. Di fronte a questa asimmetria (rendimenti bassi, rischio di curva alto), è quindi bene assumere un atteggiamento prudente, limitando l’esposizione alla parte lunga della curva” conclude De Palma.

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