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LGIM: le insidie degli indici sostenibili

5/20/2021

Tra cinque anni assisteremo a una moria di prodotti indicizzati ESG. E’ la previsione emersa nel corso dello Spring Horizons media webinar della società di gestione


Surriscaldamento. Sia in riferimento all’economia globale che al nostro pianeta. E’ stato questo il tema chiave dello Spring Horizons media webinar di Legal & General Investment Management tenutosi ieri, nel corso della quale Sonja Laud, cio, ha presentato l’outlook di primavera della casa di gestione. 

 

“Sebbene i mercati abbiano già prezzato molte buone notizie, ci aspettiamo che lo facciano ancora di più nelle prossime settimane, anche se queste ultime saranno accompagnate da una discreta volatilità” ha spiegato Sonja Laud. “Una delle principali fonti di incertezza è la sfida che l’amministrazione Biden deve affrontare per la realizzazione dei suoi vasti piani di investimento e il modo in cui la Federal Reserve vedrà i rischi legati all’inflazione, visti gli stimoli fiscali a sostegno dell’economia in espansione”.

 

Per quanto riguarda il rischio climatico, “riteniamo che alcune società potrebbero avere crescenti difficoltà ad accedere ai capitali” prosegue il cio di LGIM. “Inoltre, fa riflettere il fatto che per raggiungere l’obiettivo dell’innalzamento delle temperature inferiore agli 1,5° sia necessario vedere, per i prossimi 10-15 anni, una riduzione delle emissioni simile a quella registrata nel 2020”.

 

“Una nota più positiva riguarda gli uffici come luogo di lavoro” evidenzia infine Laud. “Infatti, nonostante i bruschi cambiamenti dovuti alla pandemia, il nostro team dedicato al settore immobiliare ritiene che i molti Rapporti sulla fine del lavoro in ufficio siano stati fortemente ingigantiti”.

 

Nel suo intervento David Barron, head of index equity and Smart Beta di LGIM, si è focalizzato sugli investimenti passivi e la sostenibilità, illustrando come possano essere evitate le insidie negli indici ESG. “La creazione di indici continua ad un ritmo elevato: dall’ultimo controllo, risulta che sono oltre 70 volte il numero dei titoli azionari”. Secondo Barron la buona notizia è che questo indica che si stanno ponendo obiettivi sempre più specifici, ma pone anche un interrogativo: chi può garantire che questi prodotti saranno ancora rilevanti in futuro?

                                                                                                                                       

Prevedo che tra 5 anni assisteremo a una moria di prodotti indicizzati ESG, che non hanno avuto successo solamente perché non sono riusciti a tenere il passo con le idee migliori” osserva l’esperto. “Se gli investimenti passivi ESG non vengono monitorati con continuità e adattati in base ai cambiamenti del settore, la conseguenza è che i rischi per gli investitori non possono essere correttamente considerati. Quella del risparmio gestito non è un ambito in cui qualcosa – come un indice - vale una volta per tutte, ma è necessario un costante aggiornamento”.

 

Alcuni di questi prodotti passivi sono semplicemente una strategia di gestione attiva sotto mentite spoglie, ma l’etichetta di prodotto “passivo” sembra spingere meno gli investitori a capire quali siano i sottostanti” prosegue Barron. “È ben nota anche la questione della scarsa correlazione tra i punteggi ESG dei provider. Tuttavia, parliamo di un aspetto fondamentale per un prodotto passivo: un investitore deve convincersi che una metodologia è migliore o, più semplicemente, ne sceglie una che rispecchi al meglio il tipo di impatto che si vuole generare con gli investimenti”.

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