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Giappone sugli scudi, ma rimane un mercato incompreso

6/23/2021 | Daniele Riosa

L’analisi di Richard Kaye di Comgest e di Cédric Le Berre di UBP


Il Giappone è diventato un mercato globale per molti motivi. Richard Kaye, gestore del fondo Comgest Growth Japan di Comgest, rileva che “per esempio, se guardiamo agli indici notiamo come molte aziende giapponesi siano ormai incorporate in essi. Il 2021 è stato un anno molto strano per l’economia giapponese che ha sofferto inizialmente di una percezione negativa ma non realistica di un programma vaccinale lento e poi anche della rotazione dai titoli growth a value anche se il mercato azionario giapponese è così ampio, profondo e inesplorato che è possibile identificare storie trasversali che soddisfano entrambi i criteri. Tutti e due i fenomeni sono stati passeggeri e già si vede il ritorno di performance del mercato. Il Giappone infatti, rimane il secondo mercato per gli investitori stranieri anche per gli ETF, che in aprile hanno visto una raccolta di 3.43 miliardi di euro, portandolo al secondo posto dopo gli USA”.

Guardando al mercato azionario giapponese “le prospettive sono promettenti ma bisogna sottolineare che questo rimane un mercato difficile da navigare, specialmente per gli investitori stranieri, poiché le società giapponesi possono avere difficoltà a fornire il tipo di informazioni richieste dagli investitori istituzionali e non c'è abbastanza ricerca di qualità per compensare questa mancanza di visibilità. In media, ciascuna delle 3.700 società quotate in Giappone è seguita solo da sette analisti, rispetto ai 40 analisti per componente dell'indice negli Stati Uniti. Questo significa che il Giappone rimane un mercato incompreso”.

“Gli investitori occidentali - prosegue Kaye - non hanno ancora compreso appieno che il mercato giapponese non rappresenta più solo l'economia giapponese. L’azionario giapponese offre un'esposizione relativamente economica e liquida alle tendenze globali attraverso società di lunga data con bilanci solidi che sono poco conosciute dalla maggioranza degli investitori. Inoltre, oltre alle società globali e molto conosciute ci sono un sacco di aziende meno note che stanno cavalcando il trend del cambiamento del Giappone che include la regolamentazione dell'industria giapponese e un cambiamento importante dello stile di vita dei Giapponesi che, a sua volta, si ripercuote molto positivamente sull’economia domestica e vede la nascita di nuove aziende”.

“Crediamo – conclude il gestore di Comgest - che questo sia il decennio del Giappone. Dopo essere stato ignorato per una generazione dagli investitori stranieri, il mercato sta tornando ai massimi storici, e molte delle sue aziende che sono leader globali nei loro campi, come Daikin o Pigeon, stanno iniziano ad essere rivalutate”.

Cédric Le Berre, senior analyst di Union Bancaire Privée (UBP), ricorda che “il mercato azionario giapponese non ha preso una chiara direzione nel secondo trimestre. Da marzo, il mercato non ha registrato la stessa performance delle controparti europee o americane. Le ragioni di tale debolezza risiedono probabilmente nella lenta campagna vaccinale e nei timori che la guidance per il nuovo anno fiscale fosse inferiore alle aspettative del mercato. Ci aspettiamo che il mercato giapponese recuperi a breve, dato che la campagna vaccinale sta prendendo slancio mentre la guidance è stata conservativa”.

“Un fattore positivo - constata l’analista - è che per il momento le Olimpiadi non sono state cancellate e abbiamo visto una forte ripresa dei fondamentali, in particolare per le aziende più piccole, maggiormente focalizzate sul mercato interno e meno orientate ai cicli economici globali. Il fattore trainante è ora il vivido mercato delle small cap e il miglioramento della corporate governance. I fattori interni, piuttosto che la ciclicità, stanno dominando il sentiment degli investitori in un mercato spesso incompreso e ampiamente trascurato. I timori legati all’inflazione hanno portato ad una correzione del mercato globale a maggio. L'offerta, che non ha tenuto il passo con la rapida ripresa della domanda, è stata la ragione principale dell'inflazione, colpita in primo luogo dall'aumento dei costi delle materie prime. È improbabile che ciò impatti l'economia, poiché ci aspettiamo che la normalizzazione economica risolva la scarsità dal lato dell'offerta e che l'inflazione USA prevista si mantenga ad un livello basso, intorno al 2%-3%”.

“Tuttavia – conclude Le Berre - le correzioni del mercato causate dall'aumento dell'inflazione e dei tassi d'interesse sono normali durante le riprese economiche e quindi non crediamo che il sentiment di mercato stia peggiorando. Ci aspettiamo che il mercato si riprenda imboccando una traiettoria di crescita moderata fino alla fine dell'anno, poiché gli investitori si aspettano l’uscita dalla pandemia. Ancora una volta, il consumo interno e la spesa in conto capitale potrebbero essere i fattori risolutivi, ulteriormente rafforzati dalle riforme della corporate governance”.

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