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FED, nessun aumento dei tassi fino al 2023

6/28/2021 | Redazione Advisor

Siviero (Ethenea): “E’ probabile che il processo di normalizzazione inizi prima, con una riduzione degli acquisti mensili di asset da parte della banca centrale statunitense”


“Il presidente Powell ha spesso evidenziato che qualsiasi cambiamento di strategia da parte della Fed sarà comunicato con largo anticipo: al momento non ci aspettiamo un aumento dei tassi di interesse fino al 2023”. È l’analisi di Andrea Siviero, investment strategist di Ethenea Independent Investors.

Se i tassi non dovrebbero subire aumenti fino al 2023, è probabile che il processo di normalizzazione inizi prima, con una riduzione degli acquisti mensili di asset da parte della banca centrale statunitense, il cosiddetto tapering. Anche in questo caso – spiega Siviero – la banca centrale statunitense darà comunque indicazioni anticipate ai mercati. Se si dovesse assistere a un inasprimento prematuro della politica monetaria statunitense, ciò sorprenderebbe gli operatori e creerebbe probabilmente una grave correzione dei mercati.

Per quanto riguarda l’inflazione, nel 2020 la Fed ha cambiato il suo approccio di politica monetaria ed è passata all'Average Inflation Targeting (AIT). Ciò significa che la Fed è disposta a lasciare che l'inflazione superi temporaneamente il target del 2% per compensare i periodi in cui l'inflazione è stata inferiore. Dopo aver mancato il suo obiettivo per un periodo prolungato, la Fed non è dispiaciuta dell'attuale aumento delle aspettative d'inflazione, poiché questo aiuta ad ancorare le aspettative a medio termine a un livello più alto. In base a questa linea, la Fed non agirà preventivamente per contenere l'inflazione e il suo processo decisionale si baserà sui dati, in particolare su quelli economici e senza un piano prestabilito per un restringimento della politica monetaria.

La Fed considera l'attuale picco inflazionistico un fenomeno transitorio, favorito dalla risposta politica senza precedenti alla pandemia Covid-19, dal balzo dei prezzi delle materie prime, dalle interruzioni della catena di approvvigionamento e da un effetto base anno su anno particolarmente importante. Una volta che l'economia globale recupererà il suo livello pre-pandemia, è probabile che la crescita economica ritorni alla sua traiettoria naturale e l'inflazione dovrebbe riprendere il suo andamento pre-pandemico. La Fed non si aspetta alcun cambiamento nelle dinamiche inflazionistiche a lungo termine. Le forze strutturali predominanti durante lo scorso decennio, come la demografia, la globalizzazione e il progresso tecnologico, manterranno una pressione deflazionistica nel medio termine.

“Per quanto riguarda la zona euro, la ripresa economica è in ritardo rispetto a quella statunitense”, conclude Siviero. “Il processo di vaccinazione sta prendendo velocità e i contributi previsti dal Recovery Fund saranno probabilmente erogati nel corso dell'anno. Le economie della zona euro si stanno progressivamente riaprendo e la Bce si è chiaramente impegnata a continuare a sostenere la ripresa attraverso una politica espansiva. Le pressioni inflazionistiche nella zona euro sono contenute e non ci aspettiamo un inasprimento troppo affrettato della politica monetaria della Bce”.

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