Con l’economia cinese che continuerà ad espandersi, crescerà in maniera robusta la domanda estera di azioni e obbligazioni cinesi, grazie anche ai loro rendimenti potenzialmente elevati e alla loro bassa correlazione con altri asset. L’allocazione degli investitori esteri alla Cina è attualmente molto bassa, ma è destinata ad aumentare man mano che i mercati del paese diventeranno più liquidi, accessibili e regolamentati. Queste tendenze comporteranno probabilmente un aumento degli afflussi e ne beneficeranno in particolare gli asset manager globali che hanno una presenza in Cina. E’ in sintesi quanto prevede Moody’s nel suo ultimo report "Inside China Asset Management".

 

Partendo dai numeri, Moody’s osserva che al momento gli investitori stranieri detengono circa 1,2 trilioni di dollari di asset cinesi, attraverso fondi comuni di investimento e ETF, ma la loro esposizione non riflette l'importanza economica della Cina. Nel 2020, fondi pensione e fondazioni

hanno investito solo tra il 3% e il 5% dei loro asset nel mercato del gigante asiatico, molto al di sotto del contributo complessivo del PIL cinese al PIL mondiale, che ormai ha raggiunto il 18%. Poiché una delle priorità di Pechino per il prossimo quadriennio è riuscire ad attrarre maggiori capitali stranieri, è probabile che i mercati cinesi saranno in futuro meglio regolamentati e sempre più accessibili, e questo porterà gli investitori ad aumentare l’esposizione al gigante asiatico.

 

Un ulteriore driver che guiderà la crescita degli investimenti in asset cinesi è rappresentato dal fatto che questi mostrano una bassa correlazione con i mercati globali, e offrono quindi un’ottima opportunità di diversificazione. Inoltre i tassi di interesse relativamente elevati rispetto ai mercati occidentali e una crescita robusta offrono anche la prospettiva di forti ritorni sugli investimenti. Il

piano del governo che prevede lo sviluppo dell'economia domestica genererà opportunità probabilmente sia nell’azionario che nel reddito fisso. Ciò non significa che investire in Cina non comporti rischi, legati alla scarsa trasparenza ma anche al contesto normativo, o rischi geopolitici. Le sanzioni statunitensi contro la Cina ad esempio potranno essere di ostacolo, ma secondo Moody’s l’impatto sugli investimenti esteri sarà limitato.

 

In termini di strumenti di investimento, Moody’s si aspetta che una quota importante di afflussi esteri nel mercato cinese si riverserà nei fondi passivi, dato che le azioni cinesi vengono incluse in un numero sempre maggiore di indici del mercato azionario globale. In particolare, l’Inclusione delle A-shares nei principali panieri è stato negli ultimi anni un importante motore di crescita. Molte istituzioni aumenteranno la loro esposizione anche attraverso investimenti attivi, in particolare nei settori in rapida crescita dell'economia domestica.

 

Dato tale contesto, i player globali che offrono veicoli di investimento passivi, così come gli asset manager attivi con una presenza consolidata in Cina, in particolare quelli con sussidiarie cinesi, saranno secondo Moody’s i principali beneficiari della crescita degli afflussi d’investimento. In particolare questo vale per le società di gestione più grandi, che del resto già dominano la gestione delle attività cinesi degli investitori internazionali.  Moody’s fa notare che al primo trimestre 2021, solo 20 società, tra cui BlackRock e Fidelity International, rappresentavano il 62% dei 1.200 miliardi di dollari di capitali esteri investiti tra fondi comuni di investimento e ETF in Cina.