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Le future sfide delle banche centrali

8/11/2021

In un contesto caratterizzato dai timori di una stagnazione secolare e una maggiore attenzione alle disuguaglianze, all’orizzonte si profila una nuova era di politica fiscale e monetaria. L’analisi di Generali Investments


In un contesto caratterizzato dai timori di una stagnazione secolare e una maggiore attenzione alle disuguaglianze, all’orizzonte si profila una nuova era di politica fiscale e monetaria, soprattutto negli Stati Uniti. In che modo e con quali strategie le banche centrali affronteranno queste nuove sfide? E quali saranno le conseguenze sui mercati? Su questi temi si focalizza l’analisi di Martin Wolburg, Cristoph Siepmann e Paolo Zanghieri, del team di ricerca di Generali Investments.

 

Partiamo dalla banca centrale statunitense. “La nuova strategia della Fed è orientata alla piena occupazione e tollererà una maggiore inflazione realizzata. Alcuni aspetti o metriche rimangono ancora piuttosto vaghi, richiedendo un attento monitoraggio del mercato del lavoro e delle aspettative di inflazione” osservano gli esperti.

Quanto alla BCE, la nuova strategia di Francoforte rafforza la forward guidance sui tassi, aumenta gli strumenti politici e rende la politica monetaria più green. In un contesto di bassa inflazione, le condizioni finanziarie saranno un fattore chiave per la politica della BCE.

Infine, secondo gli analisti, la Bank of Japan si focalizzerà sulla definizione dell'espansione fiscale come mezzo migliore per superare i rischi di deflazione.

 

La conclusione più importante da trarre, secondo gli esperti, è che la revisione della politica monetaria porterà a una riduzione strutturale dei tassi ufficiali. Questa visione si basa non solo su una maggiore tolleranza verso le pressioni inflazionistiche a breve termine, ma anche sul presupposto che l'inflazione rimarrà a livelli inferiori agli obiettivi delle banche centrali. L'AIT della Fed, l'attenzione della BCE sulle condizioni di finanziamento favorevoli e la lotta in corso della BoJ contro la deflazione garantiscono tassi chiave bassi, ancorando così la parte breve della curva. All'estremità lunga della curva, la maggiore tolleranza all'inflazione delle banche centrali contribuirà a mantenere bassi i rendimenti reali. Il debito diventa più sostenibile riducendo così il premio per il rischio sovrano aiutando anche a tenere sotto controllo gli oneri finanziari.

 

Un atteggiamento molto accomodante da parte delle banche centrali è coerente con un contesto caratterizzato da bassa crescita e debito elevato, ma può avere diversi effetti collaterali, alcuni dei quali, mettono in guardia gli esperti, possono essere spiacevoli. Innanzitutto, essendo meno aggressive, le banche centrali, soprattutto Fed e BCE, corrono un rischio maggiore di disancorare le aspettative di inflazione.

Inoltre, il QE è ormai diventato uno strumento politico ortodosso, supportando così la sostenibilità del debito. In tal modo, i confini tra politica fiscale e monetaria saranno sempre più sfumati.

Guardando al futuro, secondo gli esperti la politica fiscale si concentrerà sempre più su tematiche quali la disuguaglianza e lo sviluppo sostenibile. Ciò implica un ruolo più importante per i governi, che dovrebbero quindi essere assecondati dalle banche centrali. Mentre è possibile che i margini di autonomia per quanto riguarda la politica monetaria potrebbero essere ridotti, gli analisti non si aspettano che le banche centrali diventino ostaggio della politica fiscale.

 

Gli esperti osservano inoltre che tassi di interesse costantemente bassi possono creare bolle dei prezzi degli asset, e quindi persino aggravare i problemi di distribuzione della ricchezza. Mentre le banche centrali hanno sviluppato, a partire della crisi finanziaria del 2008, strumenti macroprudenziali per tenerli sotto controllo, un’inflazione dei prezzi degli asset questo potrebbe ostacolare lo sforzo fiscale per ridurre le disuguaglianze. Come sottolineato di recente dalla Banca dei regolamenti internazionali nella sua relazione annuale, una politica monetaria espansiva che fa aumentare i prezzi di azioni e immobili può allargare la forbice tra ricchi e poveri.

 

Passando alle implicazioni per le attività finanziarie, secondo gli esperti tassi di interesse strutturalmente più bassi e, più in generale, l'attenzione ad evitare condizioni finanziarie più restrittive, sosterranno le attività rischiose. Ciò potrebbe richiedere un inasprimento delle misure macroprudenziali per prevenire l'emergere di bolle, ad esempio, nei prezzi degli immobili. Una riflessione a sé riguarda il mondo del credito europeo: un grosso caveat è fino a che punto la BCE spingerà la discriminazione tra le attività green e quelle non-green. Inoltre, la disponibilità ad accettare un aumento dell'inflazione per periodi più lunghi può aumentare il premio al rischio, e rendere più frequenti i picchi di volatilità nel mercato obbligazionario. Tutto ciò potrebbe alla fine esercitare una pressione al rialzo sui tassi a lungo termine, compensando in tal modo gli sforzi di mantenere bassi i rendimenti derivanti dall’atteggiamento accomodante delle banche centrali.

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