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La Cina è da comprare, non da vendere

8/23/2021 | Redazione Advisor

Michele De Michelis (Frame AM): “Sembra che i giorni di crescita sfrenata e incontrollata della Cina a spese del benessere della popolazione e dell'ambiente siano finiti”


La Cina non deve spaventare, e rimane un mercato da comprare. E’ questa in sintesi la view di Michele De Michelis, responsabile investimenti di Frame Asset Management, società indipendente specializzata in gestioni patrimoniali a ritorno assoluto.

“Ritengo che ormai i mercati siano divisi in due blocchi che seguono regole e dinamiche diverse” osserva l’esperto. “Qualcuno recentemente ha scritto: ”I cinesi innovano e poi regolano, gli europei regolano e non innovano, gli americani innovano e poi non regolano.” Se ci pensate bene, direi che queste parole potrebbero sintetizzare fedelmente quello che abbiamo visto di recente sui listini azionari mondiali e le relative performance”.

 

L'intervento a gamba tesa del governo dell’ex Celeste Impero è stato recepito come un fulmine a ciel sereno e la correzione che ne è seguita è stata oggettivamente pesante. I dubbi sul fatto che possa essere cambiato l'atteggiamento del governo sui capitali esteri hanno rappresentato il catalizzatore della fuga dal mercato cinese. Ma, si chiede De Michelis, è veramente tutto così negativo quello che ha deciso il governo di Xi Jinping?

 

“A ben vedere, a me francamente sembra che invece queste mosse abbiano una logica di lungo periodo e che l'obiettivo sia quello di far prosperare il Paese e la sua gente ma non a tutti i costi e in particolare non a discapito della stabilità sociale” osserva. “Il 14° piano quinquennale – un progetto economico che copre il periodo 2021-2025 – rispetto a quelli precedenti, pone maggiore enfasi su fattori come l'assistenza sanitaria, all'infanzia, la fertilità, l'istruzione e l'ambiente. Sembra che i giorni di crescita sfrenata e incontrollata della Cina a spese del benessere della popolazione e dell'ambiente siano finiti. Il che, se ci pensate, è una buona cosa.

Per tale motivo, a mio avviso non ha proprio senso vendere in questo momento. Anzi, bisognerebbe aumentare l'esposizione ben sapendo che tale posizione rimarrà comunque volatile e, come tale, destinata a investitori ”razionali” che non si fanno spaventare dalle oscillazioni di breve periodo”.

 

Venendo al blocco occidentale, e in particolare a quello americano, il mercato ha visto segnare nuovi massimi, “ma è sempre più evidente la totale dipendenza dalle banche centrali e a breve ci sarà la consueta riunione di Jackson Hole. Sembra quasi scontato l'inizio del "tapering" e nell'ultima settimana qualche piccolo segnale di nervosismo ha cominciato ad affiorare tra gli operatori, quasi a mandare un messaggio ai banchieri.  Proprio come fanno i bambini piccoli con i genitori quando pensano che con i capricci riusciranno ad ottenere qualcosa in più”.

 

“Quanto mi piacerebbe essere invisibile per poter partecipare di nascosto alle riunioni della FED e ascoltare quello che è veramente il pensiero dei banchieri centrali e non quello che poi dicono al mondo, centellinando ogni parola attenti a non incorrere nel più piccolo errore di comunicazione” prosegue De Michelis. “Tutti ricorderanno cosa successe nel maggio 2013 quando Bernanke utilizzò  maldestramente la magica parolina “tapering” (che ai tempi sembrava innocua)  e che oggi equivale a invocare la strega cattiva. Eppure siamo tutti consapevoli che, prima o poi, questo gigantesco stimolo monetario non ci sarà più e torneremo ad una economia “normale” dove si remunera chi presta il denaro ed esistono vincenti e perdenti. Si tratta solo di tempo, anche se, temo, ne dovrà passare ancora un po’.”

 

“Vedendola da qui, allora, non sembra poi così incomprensibile la decisione “regolatoria” dei cinesi, che, oltretutto, possono ancora contare su un rendimento positivo dei titoli di Stato” conclude De Michelis.

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