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Politica monetaria, si accentuano le differenze tra BOE e BCE

9/22/2021 | Redazione Advisor

Per gli analisti di J.P. Morgan AM “le pressioni inflazionistiche si sono inaspettatamente accentuate nel Regno Unito più di quanto non sia accaduto in Europa”


“Gli ultimi dati economici riguardanti il Regno Unito e l’Europa indicano una potenziale divergenza tra la politica monetaria della Banca d’Inghilterra e quella della Banca Centrale Europea”. Gli analisti del team global fixed income, currency and commodities group di J.P. Morgan Asset Management, spiegano che “le pressioni inflazionistiche si sono inaspettatamente accentuate nel Regno Unito più di quanto non sia accaduto in Europa. Ad agosto, l’indice dei prezzi al consumo (CPI) del Regno Unito è salito dal 2% al 3,2%, il livello massimo mai segnato da marzo 2012, superando le aspettative di consenso e le previsioni formulate dalla Banca d’Inghilterra (3%)”.

“A questo aumento - sottolineano gli esperti - hanno contribuito il basso livello iniziale, l’incremento dei prezzi di beni essenziali e una forte inflazione sottostante nel settore dei servizi. In agosto, l’inflazione complessiva dell’Eurozona è salita al 3% su base annua e l’indice armonizzato dei prezzi al consumo (IPCA) dell’1,6% a/a. Riteniamo, tuttavia, che le spinte inflazionistiche nell’area dell’euro si attenueranno prima di quanto non accadrà nel Regno Unito giacché le pressioni sottostanti, ad esempio i salari in Italia, Germania e Francia, continuano a essere modeste”.

Gli economisti rilevano che “il rapido miglioramento del mercato del lavoro nel Regno Unito e l’inflazione crescente che nel 2022 dovrebbe superare l’obiettivo fissato aprono la strada a un orientamento più restrittivo da parte della Banca d’Inghilterra. In particolare, sebbene il nucleo centrale del Comitato di politica monetaria (MPC) ritenga che siano già state soddisfatte le condizioni ‘necessarie ma non sufficienti’ per un rialzo dei tassi, la situazione potrebbe cambiare a breve con l’arrivo di due nuovi membri. Ciò ci induce a ritenere che l’allentamento quantitativo (QE) dovrebbe esaurirsi quest’anno e che i tassi d’interesse subiranno un primo rialzo nel secondo trimestre del 2022”.

Sul fronte opposto, “la fase di decelerazione in Europa è stata caratterizzata da un orientamento inequivocabile della BCE sull’andamento futuro dei tassi: nessun rialzo all’orizzonte. Inoltre, la scorsa settimana il Consiglio direttivo della BCE ha deciso di rallentare il Programma temporaneo di acquisto per l’emergenza pandemica portandolo, nel quarto trimestre 2021, a un livello ‘più moderato’ di acquisti, intorno ai 70 miliardi di euro. Il mercato ha interpretato questo come un orientamento accomodante”.

I gestori spiegano che “le rassicurazioni accomodanti della BCE che il ritmo degli acquisti del PEEP nel quarto trimestre sarebbe stato solo ‘moderatamente’ inferiore alla cadenza recente creano un quadro tecnico più solido in Europa che non nel Regno Unito. Ad agosto, l’offerta lorda di titoli di Stato dell’area dell’euro al netto del QE si è ridotta in misura consistente e il prossimo anno dovrebbe mantenersi su livelli favorevoli, intorno a -40 miliardi di euro secondo stime sommarie. Invece, nel 2022 l’offerta netta nel Regno Unito dovrebbe salire da GBP 49 miliardi a GBP 125 miliardi, con le maggiori emissioni nette di Gilt associate alla riduzione dei nuovi acquisti di attivi nell’ambito dell’Asset Purchase Facility (APF). Quanto alla domanda, a ridosso dei mesi estivi abbiamo visto ripristinare un posizionamento corto di consenso nei Gilt. Tuttavia, in Europa il posizionamento di duration per i tassi delle obbligazioni semi-core è nel complesso positivo e i nuovi titoli sono collocati sul mercato con premi di emissione ragionevoli. L’unica eccezione di rilievo è costituita dalla Germania, dove le imminenti elezioni pongono un rischio di interventismo restrittivo, date le aspettative di espansione fiscale in caso di vittoria della coalizione guidata dalla SPD”.

Cosa significa per gli investitori obbligazionari? “Riteniamo che i percorsi divergenti di politica monetaria tra la Banca d’Inghilterra e la BCE, favoriti dal diverso andamento dell’inflazione e delle pressioni salariali nel Regno Unito e in Europa, possano tradursi di qui a fine anno nella permanenza dei rendimenti dei titoli di Stato europei entro un intervallo ristretto e in un aumento dei rendimenti sui Gilt. Pertanto, nei restanti mesi dell’anno occorre monitorare il consenso sul posizionamento lungo sui Bund tedeschi rispetto ai Gilt e un eventuale cambio di orientamento delle Banche Centrali”.

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