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Banche, ecco come il cambiamento climatico incide sulla performance

10/11/2021 | Redazione Advisor

Per gli analisti di Columbia TI “nel medio periodo è probabile che gli istituti con maggiori esposizioni legate al clima dovranno far fronte a requisiti patrimoniali più elevati, per non parlare dei rischi reputazionali”


Una folta schiera di banche centrali teme che il cambiamento climatico possa scatenare la prossima crisi finanziaria. Per questo motivo, le autorità di vigilanza in Europa e nel Regno Unito stanno già iniziando a esaminare la resilienza delle banche al cambiamento climatico, valutando sia le probabili tensioni derivanti dalla transizione verso un’economia a zero emissioni di carbonio nei prossimi decenni, sia l’impatto di condizioni meteorologiche estreme. Paul Smillie, analista del credito senior e Rosalie Pinkney, analista del credito senior e Natalia Luna, analista senior investimenti tematici di Columbia Threadneedle Investments, rilevano che “Per il momento, tuttavia, l’ansia delle autorità monetarie non si riflette nei mercati azionari o obbligazionari, che sembrano relativamente poco influenzati dal rischio climatico”.

“Eppure - prevedono gli esperti - nei prossimi anni il cambiamento climatico potrebbe diventare un motore chiave della performance finanziaria e un fattore importante per gli investitori che valutano le banche. I rischi per gli utili non mancano neppure nel breve termine, mentre nel medio periodo è probabile che gli istituti con maggiori esposizioni legate al clima dovranno far fronte a requisiti patrimoniali più elevati, per non parlare dei rischi reputazionali. Ma non è solo una questione di rischio. Guardando avanti di qualche anno, potrebbero anche esserci opportunità per le banche che guidano il finanziamento della transizione verso un’economia a zero emissioni di carbonio. In effetti, si stima che gli investimenti e i finanziamenti verdi potrebbero raccogliere fino a 50 miliardi di dollari di ricavi nei prossimi 5-10 anni”.

Dato che il cambiamento climatico è destinato a diventare un argomento determinante, gli analisti credono che “presto non sarà più sufficiente per le banche assumere impegni di carattere generale sul clima. Sottoposti a un crescente scrutinio, gli istituti bancari dovranno migliorare le informative sul rischio climatico, dimostrare che le considerazioni sul clima si inseriscono negli standard di sottoscrizione e ridurre le loro impronte di carbonio. Sebbene l’esposizione delle banche ai combustibili fossili sia relativamente modesta, i settori ad alta intensità di carbonio rappresentano ad oggi meno del 10% dell’esposizione creditizia degli istituti europei, secondo i calcoli della Banca centrale europea (BCE) una crisi climatica potrebbe incrementare le perdite del sistema bancario fino al 60%, con ricadute significative sugli utili, dato che i combustibili fossili rappresentano il 10%-15% dei ricavi generati a livello globale dall’attività bancaria all’ingrosso”.

“Il rischio reputazionale - ricordano i manager - è già in aumento. L’engagement degli azionisti e l’attivismo delle ONG potrebbero ripercuotersi in tempi brevi sulle valutazioni delle azioni bancarie. Abbiamo condotto un esercizio di engagement con più di 50 banche a livello globale, ponendo domande sulla strategia climatica e sulla gestione del rischio climatico e facendo seguito con una serie di incontri. Abbiamo riscontrato così l’emergere di alcune chiare tendenze. A livello generale, alcune banche britanniche, olandesi e svizzere si distinguono in positivo. Le banche nordiche, francesi, spagnole e giapponesi sono leggermente indietro, mentre quelle irlandesi, tedesche, italiane e cinesi sono in ritardo. Abbiamo iniziato a tenere conto dell’esposizione delle banche ai rischi climatici nella nostra ricerca. Il cambiamento climatico non incide ancora sugli utili o sui requisiti patrimoniali delle banche, ma potrebbe farlo già tra due o cinque anni. Dato che nella nostra valutazione delle aziende adottiamo un orizzonte prospettico di due anni, incorporiamo questa dimensione nella nostra ricerca obbligazionaria e assegniamo i relativi rating alle banche. Queste valutazioni cominciano a influenzare la costruzione del portafoglio. A nostro avviso, non passerà molto tempo prima che gli investitori inizino a operare una distinzione tra leader e ritardatari”.

“Ciò – concludono gli economisti di Columbia TI - creerà un’opportunità per gli investitori attivi, premiando al contempo le banche che hanno agito tempestivamente per affrontare il cambiamento climatico con un costo competitivo del capitale”.

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