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Outlook 2022, l'azionario potrebbe vivere un'annata negativa

12/13/2021 | Daniele Riosa

Jens Ehrhardt (DJE Kapital): “Il cigno nero del prossimo anno potrebbe essere la Cina"


“Il 2022 consisterà principalmente nello sviluppo dei tassi di interesse”. Jens Ehrhardt, founder e chairman di DJE Kapital, spiega che “se il trend dell’inflazione dovesse portare la Federal Reserve ad alzare i tassi in maniera brusca (il mercato dei futures ne ha già incorporati tre entro la fine del 2022), il mercato azionario potrebbe vedere un’annata negativa”.

“Il buono sviluppo economico degli ultimi anni - prosegue il gestore - è stato possibile solamente grazie a tassi di interesse mantenuti bassi dalle banche centrali. Di conseguenza i tassi di indebitamento record sono stati compensati da minimi storici nel costo del debito. Tuttavia, l’aumento dei tassi di interesse avrebbe un forte impatto negativo sull’economia in termini di consumi e di investimenti. I mercati azionari saranno quindi influenzati anche dal fatto che le valutazioni sono ai massimi storici e l’investimento eccessivo in azioni ha raggiunto livelli record".

"In passato - ricorda l'economista - tutti gli anni in cui un indice ha guadagnato più del 20% (com’è stato il caso di questo 2021) sono stati seguiti da movimenti al rialzo nell’anno successivo, di solito con percentuali in doppia cifra. Se i tassi di interesse rimanessero bassi, non ci sarebbe in effetti alternativa di investimento all’azionario, ed è probabile che l’attuale ondata di investimenti negli USA continui. Perciò, ulteriori aumenti dei profitti sarebbero inevitabili”.

“Il cigno nero del 2022 - prevede il manager - potrebbe essere la Cina. Finora, l’economia dell’immobiliare è stata il fattore principale, ma non dovrebbe più essere così in futuro. Il tasso della proprietà immobiliare del 95% è molto al di sopra del livello tedesco, che non arriva al 50%, la popolazione è in calo e l’urbanizzazione, che era aumentata in maniera significativa, sembra si stia esaurendo. Gli alti tassi di sfitto (la popolazione cinese investe la maggior parte dei propri risparmi nell’immobiliare) verosimilmente metteranno pressione sui prezzi, portando alla vendita delle proprietà vacanti. I tassi di interesse cinesi, molto alti in confronto a quelli dell’Occidente, rischiano di rendere problematica la notevole crescita del debito privato e soprattutto aziendale degli ultimi anni. Un’economia povera danneggerebbe in particolar modo la Germania, la più principale nazione del mondo a livello di export al di fuori della Cina”.

“Il problema del Covid – continua l’analista - rimane imprevedibile. Sebbene in tutto il mondo siano stati fatti dei tentativi per evitare chiusure da una prospettiva economica, il comportamento dei consumatori resterà probabilmente caratterizzato da una depressione. In Cina è già fortemente peggiorato per via della crisi dell’immobiliare. Se le nazioni occidentali stanno cercando di attuare, più o meno apertamente, la strategia dell’immunizzazione iniziata dalla Svezia, la Cina è l’unico Paese ad aver intrapreso una strada diversa, con una strategia ‘zero-Covid’. Se la Cina aprisse anche solo in maniera limitata, come visto di recente negli USA, potrebbe affrontare un problema enorme a livello di contagi Covid, non previsto in precedenza in nessun modo”.

“La Cina - conclude Ehrhardt - ha quindi la scelta: proseguire con la strategia ‘zero-Covid’, continuando ad avere una crescita debole che il Paese non vede da decenni, o aprirsi e vivere una situazione di crescita economica, ma con cifre di contagi di forse più di un milione di persone al giorno”.

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