Tempo di lettura: 4min

Cina e mercati emergenti, due mondi distinti

1/26/2022 | Redazione Advisor

Anche in un mondo eterogeneo come quello dei paesi in via di sviluppo, la Cina è sostanzialmente diversa, perciò deve essere considerata separatamente dalle altre economie emergenti. A rivelarlo l'analisi di Pictet AM


"Ci sono buone ragioni per pensare alla Cina in maniera distinta dal resto dell'universo dei mercati emergenti (ME). Anche se è ancora ben lontano dallo status di mercato sviluppato, questo paese stacca gli altri paesi emergenti per dimensioni, potere economico e grado di maturità della sua economia. Di conseguenza, sebbene la maggior parte degli investitori fatichi a immaginare l'universo dei mercati emergenti senza mettere la Cina al centro, potrebbe essere molto più utile tenere distinti questi due mondi: la Cina da una parte, il resto dei mercati emergenti dall'altra". A sottolinearlo è Mary-Therese Barton, head of emerging market debt di Pictet Asset Management.

 

"La Cina ha senza dubbio giocato un ruolo importante nel far evolvere il debito dei mercati emergenti in una classe di attività indipendente, in particolare dopo l'adesione del Paese all'Organizzazione mondiale del commercio nel 2001. Il ruolo sempre più importante della Cina nel commercio globale l'ha resa uno dei motori economici del mondo emergente", ha affermato Barton che ha aggiunto "ciò si è riflesso nell'aumento del numero di paesi inclusi nell'indice del debito in valuta forte dei mercati emergenti (passato da 30 a 75 negli ultimi tre decenni), nelle dimensioni del mercato del debito e nella quota di mercato del debito globale costituita dalle economie emergenti, anche escludendo la Cina".

 

"A differenza di quanto succede per le azioni, la crescita continua del peso della Cina negli indici obbligazionari dei mercati emergenti non sembra essere un problema", ha precisato l'esperto. "Le obbligazioni cinesi costituiscono solo il 10% dell'indice obbligazionario dei mercati emergenti in valuta locale di JP Morgan (GBI-EM GD) e poco meno del 5% del corrispettivo in valuta forte (EMBI Broad GD). Tuttavia, guardando più da vicino, si riscontrano alcuni problemi, a partire dalla posizione dominante della Cina nell'attirare capitali da tutto il mondo. In altre parole, esiste il rischio che il paese del Dragone abbia iniziato finanziariamente a togliere spazio agli altri mercati emergenti. Inoltre, il debito sovrano cinese in valuta locale non è correlato ad altre attività rischiose cinesi, né all'indice GBI-EM. Di conseguenza, aggiunge diversificazione ai portafogli obbligazionari in valuta locale dei mercati emergenti".

 

"I fondamentali sociali in tutte le economie emergenti fanno ben sperare in una crescita futura. Al momento, si trovano più o meno al punto in cui si trovava la Cina 30 anni fa, quando ebbe inizio la sua crescita: da allora, l'espansione dell'economia cinese è stata in media del 9,1% all'anno, secondo i dati dell’FMI. Anche se è improbabile che altre economie dei mercati emergenti sperimentino la stessa crescita clamorosa vissuta dalla Cina a partire dal 1990, queste stanno comunque iniziando da una solida base".

 

"Una preoccupazione che gli investitori in Cina devono affrontare è il punteggio relativamente basso del Paese nelle questioni ambientali, sociali e di governance", ha dichiarato Barton. "Anche se la Cina ha apportato miglioramenti, i punti interrogativi sull'effettivo impegno per rispettare gli obiettivi di Parigi e COP26 fanno apparire più interessanti altre economie emergenti, almeno in termini di potenzialità. Chiaramente, non è corretto aspettarsi che paesi molto poveri soddisfino gli stessi standard di quelli ricchi (o più ricchi). Per questo motivo, abbiamo sviluppato un metro di valutazione che considera il PIL pro capite, i progressi e il potenziale quando si tiene conto della sostenibilità. Utilizzando questi parametri, è possibile costruire un portafoglio di Paesi che sostituiscano adeguatamente la Cina, in quanto dotati di un profilo di rischio e rendimento pari a quello cinese, ma con punteggi ESG migliori. I Paesi emergenti più piccoli dispongono di incentivi maggiori e di interessi più ampi a collaborare con le organizzazioni multilaterali in modo tale da disporre dei finanziamenti necessari per raggiungere gli obiettivi per uno sviluppo sostenibile a lungo termine".

 

Burton ha concluso: "Il ritmo di crescita della Cina potrebbe rallentare, ma è ancora un potente motore dell'economia globale. Il Paese è uno dei maggiori consumatori di materie prime e un enorme produttore manifatturiero. La sua vasta popolazione lo porterà a diventare la più grande economia mondiale nei prossimi decenni. Questi, e altri, fattori sono il motivo per cui riteniamo che la Cina debba essere considerata separatamente dalle altre economie emergenti. Anche in un mondo eterogeneo come quello dei paesi in via di sviluppo, la Cina è sostanzialmente diversa. È quindi utile considerare la Cina separatamente dal resto dell'universo dei mercati emergenti, e viceversa".

Condividi

Seguici sui social

Advisor è la prima piattaforma interamente dedicata alla consulenza patrimoniale e al risparmio gestito con oltre 38.000 professionisti già iscritti


Accedi a funzionalità esclusive e migliora la tua esperienza di navigazione


  • Leggi articoli esclusivi
  • Salva le tue news preferite
  • Partecipa ad eventi esclusivi
  • Sfoglia i magazine in anteprima

Iscriviti oggi!

Hai già un profilo? Accedi qui

Cerchi qualcosa in particolare?