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Il Giappone e l’inflazione che non c’è

2/17/2022 | Redazione Advisor

Il Paese del Sol Levante è ancora alle prese con un’inflazione ostinatamente bassa che ne fa un caso anomalo in un contesto globale di spinte inflazionistiche record. La view di Franklin Templeton


Nonostante le numerose difficoltà, nel complesso le prospettive per l’azionario giapponese nel 2022 sono promettenti. E’ la view di Dina Ting, head of global index portfolio management team di Franklin Templeton ETFs, che osserva come il Giappone sia ancora alle prese con un’inflazione ostinatamente bassa che ne fa un caso anomalo in un contesto globale di spinte inflazionistiche record.

 

In tale scenario la Bank of Japan dovrebbe mantenere una politica monetaria estremamente accomodante per il decimo anno consecutivo. Per l’anno fiscale che termina nel marzo 2022 la banca centrale prevede un livello generale dei prezzi invariato, e l’inflazione giapponese dovrebbe restare inferiore all’obiettivo del 2% nel breve periodo. Mentre le misure di sostegno al reddito rivolte a tutti i residenti in primavera non hanno inciso minimamente sull’inflazione, il primo ministro Fumio Kishida gode di un alto indice di gradimento e ha promesso misure audaci per portare il paese verso la neutralità climatica, ridurre i divari di reddito e digitalizzare l’economia. Questi provvedimenti, specialmente quelli mirati a una maggiore digitalizzazione, potrebbero ripercuotersi favorevolmente sul settore informatico giapponese, che presenta una delle maggiori ponderazioni nell’indice FTSE Japan Capped” spiega Ting.

 

Nel complesso il 2022 sembra promettente per le azioni giapponesi, considerando il rinnovato clima di stabilità politica emerso a seguito dell’elezione di Kishida. Il nuovo primo ministro ha promesso maggiori sgravi fiscali alle aziende che aumentano i salari da tempo stagnanti (le retribuzioni medie sono salite di appena il 4% in più di trent’anni); inoltre, nella sua prima dichiarazione politica importante, ha annunciato un pacchetto di stimolo record da 490 miliardi di dollari. “Con l’inizio dei rialzi dei tassi da parte della Fed, il deprezzamento dello yen rispetto al dollaro USA dovrebbe accrescere l’attrattiva delle azioni e degli ETF giapponesi sottovalutati, poiché i beni prodotti dalle maggiori imprese esportatrici diventeranno più competitivi, dando impulso ai profitti esteri di queste aziende” prosegue Ting. “In novembre le esportazioni giapponesi sono aumentate del 20% su base annua, evidenziando una forte accelerazione rispetto alla crescita del 9% circa registrata a ottobre. A ben vedere, il Giappone si confronta ancora con numerose difficoltà. Il suo maggiore partner commerciale, la Cina, ha introdotto misure di lockdown rigorose e persegue una rigida politica di “tolleranza zero” contro il COVID-19 che minaccia di prolungare le interruzioni delle filiere globali. Sul Giappone pesano anche i persistenti problemi demografici posti da un tasso di natalità spaventosamente basso e da una popolazione anziana sempre più numerosa che mettono a rischio la produttività e l’espansione economica. L’anno scorso la popolazione giapponese in età lavorativa è diminuita a circa 74 milioni di persone, in calo del 14% dal picco toccato nel 1995. Per fortuna il Giappone beneficia di sistemi di automazione avanzati e ben integrati. Il paese, che vanta già un’intensità di robot tra le più elevate al mondo, dovrebbe assistere a un’ulteriore espansione del mercato della robotica con percentuali del 7% nel 2021 e del 5% nel 2022. Per dare impulso ai consumi è necessario inoltre che i prodigiosi risparmiatori del Giappone si sentano sicuri di spendere. Parte di questa spinta potrebbe dipendere dalla velocità e dalla creatività con cui si riescono a superare le interruzioni delle filiere produttive”.

 

“Alcune case automobilistiche giapponesi hanno un vantaggio sui concorrenti esteri, avendo incrementato le proprie scorte di componenti semiconduttori dopo aver fatto tesoro degli insegnamenti appresi dal terremoto del 2011” evidenzia ancora Dina Ting. “Altri fornitori giapponesi di tecnologia, come i principali produttori di componenti per iPhone, hanno iniziato da tempo a cercare di ridurre la loro dipendenza dalla Cina, trasferendo la produzione in Vietnam, Thailandia e altri paesi del Sud-est asiatico. L’esigenza di diversificare è dettata da diversi rischi potenziali. Oltre ai disastri naturali, alle tendenze demografiche e alle turbolenze delle catene di produzione, c’è anche un rischio di incertezza geopolitica”.

 

Tuttavia, Dina Ting ritiene che un barlume di nuova speranza possa provenire dalla banca centrale giapponese, che di recente è diventata più ottimista sulla crescita. “Pur mantenendo invariate le sue principali leve di politica monetaria, a gennaio la BOJ ha detto di considerare i rischi di inflazione “generalmente equilibrati”. Nelle sue più recenti prospettive trimestrali, l’istituto ha rivisto al rialzo le sue previsioni sull’inflazione per l’anno fiscale che inizia in aprile, portandole al 2,2% dalla sua precedente stima dello 0,9%” conclude.

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