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Crisi Ucraina, il 2022 non è ancora compromesso

2/26/2022

Prezzare una guerra, per i mercati, non è facile. Anche perché sono tanti i clienti che non conoscono il “panico” da crollo dei mercati e nessuno ha la conoscenza della guerra.


“Ho la sensazione di essere solo allo stato iniziale di un profondo cambiamento delle relazioni internazionali che ci hanno accompagnato nei più di 70 anni dalla fine della Seconda guerra mondiale”. Le parole del Presidente del Consiglio Mario Draghi, in occasione dell’informativa urgente alla Camera dei Deputati sul conflitto in Ucraina, svoltasi nella giornata di venerdì 25 febbraio 2022 alle 10.30, ben sintetizzano lo stato d’animo che accompagna tutti in questi giorni, definiti dallo stesso Draghi tra i “più bui della storia europea”.

 

Parlare di “stato iniziale di un profondo cambiamento” invita ad assumere una forte consapevolezza della situazione attuale, ma è anche un invito a non farsi travolgere dal panico. Un messaggio che deve essere fatto nostro dal punto di vista umanitario, dal punto di vista politico e dal punto di vista economico. Ed è su quest’ultimo aspetto che i consulenti finanziari sono chiamati a concentrarsi. Perché non sarà un periodo semplice.

 

Se la pandemia ha messo a dura prova tutti dal punto di vista personale e professionale, la crisi innescata con la guerra, unita al ritorno dell’inflazione, metterà a dura prova i clienti dal punto di vista “finanziario”. Sono tanti i clienti che non conoscono il “panico” da crollo dei mercati: non dimentichiamo che, ad esempio, lo S&P 500 da marzo 2009 (ultimo mese in cui si registrò un vero e profondo crollo delle Borse) a dicembre 2021 è cresciuto di circa il 600%. E nessuno ha la conoscenza della guerra.

 

In questo contesto il compito di chi offre consulenza patrimoniale è quello di aiutare le famiglie a non farsi travolgere dalla paura ma di concentrarsi sugli obiettivi di lungo periodo. Per farlo serve tanta informazione. E immaginiamo che le due domande principali che i consulenti riceveranno potrebbero essere: “quanto costerà la guerra?” e “quali conseguenze avrà la crisi Ucraina sulle previsione economiche fin qui fatte?”

 

Le risposte a queste due domande devono fare chiarezza senza illudere. Per questo trovo particolarmente efficaci, tra le numerose dichiarazioni emerse in queste ore, alcune affermazioni di Alessandro Fugnoli (Gruppo Kairos) e Donatella Principe (Fidelity International).

 

“Prezzare una guerra, per i mercati, non è facile, specialmente se il conflitto coglie di sorpresa ed è alle sue battute iniziali” scrive subito Fugnoli nel suo consueto appuntamento settimanale “il Rosso e il Nero”. “Il conflitto russo-ucraino, dal canto suo, è difficile da prezzare perché ha una natura ibrida militare, strategica ed economica. L’aspetto militare, almeno sulla carta, è quello che potrebbe preoccupare meno i mercati” continua l’esperto che non nega che le cose “si complicano parecchio se si passa al piano strategico. Ci riferiamo qui non tanto alla ridefinizione delle sfere d’influenza in Europa (una grande questione che però non tocca direttamente i mercati) quanto al premio per il rischio da attribuire da qui in avanti alle azioni e ai bond europei. Anche nel caso puramente ipotetico in cui non venisse applicata nessuna sanzione nell’immediato, come prezzare un’impresa manifatturiera tedesca alla quale da un giorno all’altro, nei prossimi anni, potrebbe venire a mancare l’energia russa che manda avanti i suoi impianti? Come prezzare il rischio che una serie di attentati ai gasdotti ucraini attraverso i quali passa quasi tutto il gas russo, blocchi un giorno la produzione industriale europea? Come prezzare la richiesta di maggiori spese militari che ci arriverà dall’America?”.

 

Domande difficile ma che non devono spaventare perché, come scrive Donatella Principe, “l’esperienza e l’analisi di situazioni simili nel passato ci insegna che la reazione dei mercati finanziari tende a essere sempre superiore all’impatto finale che si ha nell’economia reale. Studi delle crisi di mercato “da guerra”, che vanno indietro fino alle Seconda Guerra Mondiale, ci dimostrano che storicamente le correzioni del mercato tendono a essere brevi e vengono recuperate anche in tempi relativamente rapidi. Questo è stato vero anche per tutte le tensioni geopolitiche recenti, dalla primavera araba nel 2010, alla Siria nel 2011 e alla stessa Ucraina nel 2014”. Ovvio “ciò non toglie che nel breve periodo assisteremo a un aumento del premio per il rischio geopolitico e a un incremento della volatilità. La volatilità era già salita a causa dell’incertezza portata sul mercato dal brusco cambio di rotta della FED, rompendo la soglia critica dei 30 punti. Questo non cambia l’approccio che dobbiamo avere sul mercato, anzi rafforza il messaggio di focus sulla qualità e sui fondamentali, perché titoli di bassa qualità e titoli cari sono i più esposti in situazioni d’incertezza e di volatilità”. 

 

Una visione analoga a quella di Alessandro Fugnoli che chiude il suo commento settimanale affermando che “Il 2022 non è ancora compromesso. Gli spazi per un recupero delle borse sono però legati a una discesa dell’inflazione, che in queste ore è diventata più complicata, e a una tenuta del ciclo economico, probabile per quest’anno e più incerta per il prossimo”.

 

Entrambi i professionisti sottolineano l’esistenza di opportunità di investimento in vari ambiti, ma quello che qui mi preme sottolineare non è segnalare le aree di maggiore interesse a livello di rendimenti futuri (su questo fronte, come sempre, vi terremo aggiornati quotidianamente con le newsletter di AdvisorOnline e di AdvisorProfessional), ma il messaggio a livello di atteggiamento che Fugnoli e Principe trasmettono, ovvero: non lasciatevi guidare dall’incertezza e dalla volatilità, ma aiutate i vostri clienti a non perdere di vista la meta finale dei propri investimenti. Gli obiettivi di lungo periodo non sono compromessi, a condizione che ci si affidi alla competenza, all’informazione e alla razionalità.

 

Photo by Max Kukurudziak on Unsplash

 

 

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