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Crisi Ucraina, ecco quanto pesano le sanzioni sui risparmiatori

3/1/2022

Fugnoli (Kairos): “Arriveranno ancora notizie dal fronte che cambieranno continuamente lo scenario dei mercati. Non è questo il momento di prendere decisioni drastiche”.


Se la pandemia ha messo a dura prova tutti dal punto di vista personale e professionale, la crisi innescata con la guerra, unita al ritorno dell’inflazione, metterà a dura prova i clienti dal punto di vista “finanziario”. ma prezzare una guerra, per i mercati, non è facile, specialmente se il conflitto coglie di sorpresa ed è alle sue battute iniziali.  Come interpretare questa fase e cosa dire ai clienti spaventati? Quanto peseranno le sanzioni e le contro-sanzioni sui portafogli degli italiani? È quello che abbiamo chiesto ad Alessandro Fugnoli, Strategist di Kairos.

 

Continuano ad essere annunciate e proclamate sanzioni da parte dell'UE e degli USA verso la Russia e contro-sanzioni. Guardando il tutto dal punto di vista dell'investitore/risparmiatore. Quali sono gli effetti concreti sui soggetti "non-sovietici"? Insomma cosa possono dire i consulenti finanziari ai propri clienti?
Intanto è importante evidenziare che ci sono effetti diretti legati alle sanzioni. In particolare chi ha investito in obbligazioni russe o in azioni russe non riceverà più dividendi, non riceverà più rimborsi finché vige questa questa situazione. E i bond e le azioni, in larga misura, non sono più trattati e trattabili in Occidente. Questa è una prima conseguenza immediata.
Poi c'è un effetto sugli Etf o sui fondi di Paesi emergenti che includono la Russia, anche se abbiamo avuto un ampio preavviso e quindi è molto probabile che la gran parte di questi fondi si sia alleggerita di Russia nelle settimane passate. 

 

E poi c'è il famigerato blocco del sistema Swift. Che conseguenze avrà sui risparmiatori occidentali?
In questo caso dobbiamo parlare di effetti economici in senso lato e non diretti sui portafogli dei singoli. L'espulsione della Russia dal sistema Swift è parziale perché non riguarda il punto più delicato, cioè l'energia per cui la Russia potrà continuare a esportare petrolio e gas e essere pagata dai paesi occidentali. Su tutte le altre transazioni commerciali e finanziarie c'è un grossissimo punto di domanda: la Russia ha detto che attiverà un suo sistema che ha già  allestito negli anni passati e che finora è rimasto ristretto all'ambito interno e cercherà di allargarsi per includere il maggior numero di scambi possibile.
La Russia ha, in pratica, fatto capire che si trasformerà in una sorta di regime economico autarchico, quindi abbastanza chiuso all'Occidente e questo comporta un danno per tutti gli esportatori di beni e servizi verso la Russia, e un danno per le banche europee che hanno filiali o controllano banche in Russia.
Ma credo sia importante riflettere su un effetto limitato alla Russia ma che forse è il più grosso di tutti: il colpo durissimo al tesoretto accumulato dalla Banca Centrale Russa in questi anni. Parliamo di 630 miliardi di dollari come riserve valutarie che è stato, praticamente, se non confiscato, congelato dai paesi Occidentali. Queste valute estere erano depositate in paesi occidentali e, anche se non si hanno ancora tutti i dettagli, in buona misura verranno congelate e rimangono quindi alla Russia le riserve in oro e quelle in renminbi cinese. Avere le riserve fortemente diminuite comporta per la Russia il fatto di non poter difendere il cambio del rublo e quindi di dovere lasciare in pratica fluttuare liberamente il rublo con i rischi che questo comporta. 
Dal punto di vista russo questo è in parte, ma solo in parte, compensato dal prezzo del petrolio che resterà sostenuto e probabilmente salirà ancora. E questo garantirà un minimo di risorse per l'attività economica generale del Paese. Però il danno è evidentissimo.
Infine c'è un danno generale e generalizzato che è riguarda la maggiore inflazione che avremo in tutti i paesi del mondo su scala globale per effetto di questa crisi. Le sanzioni, le contro sanzioni, la difficoltà di accesso alle materie prime russe porteranno maggiori oneri per tutti.

 

Mi aggrappo a quest'ultima affermazione chiedendole se a questo punto dobbiamo considerare compromesse tutte le previsioni fatte sul 2022?
Per questo 2022 le previsioni non sono compromesse totalmente, però vanno verificate. Ricordo che è una situazione fluida, non sappiamo quanto durerà il conflitto, non sappiamo come evolverà, non sappiamo quando ci sarà un cessate il fuoco, quando ci sarà una sorta di accordo, non sappiamo soprattutto se ci sarà un cambiamento di regime in Russia. Insomma sono molte le variabili che non conosciamo. Ma quello che sappiamo è che l'inflazione, prima di questi eventi, era ipotizzata su una strada discendente e cioè ci si aspettava ancora uno o due mesi di tensione e poi l'ipotesi prevalente era quella di una discesa graduale fino alla fine dell'anno. Adesso non possiamo escludere niente. Probabilmente, il punto di domanda è d'obbligo, questa discesa ci sarà comunque, però la pendenza di questa discesa sarà minore, quindi ci sarà più inflazione di quella che ci saremmo aspettati prima di questi eventi.

 

Se guardiamo all'andamento dei mercati sembra, in effetti, che la situazione sia stata valutata al pari di una guerra lampo. Se si osservano le dinamiche politiche il timore di essere ancora lontani dai minimi e di aver di fronte un conflitto più duraturo è maggiore. Secondo lei a quale interpretazione dobbiamo credere?
Una delle modalità con cui si svolgono le guerre sul piano psicologico è quella di flettere i muscoli, e quindi di farsi vedere forti e saldi per intimorire l'avversario. I primi effetti che abbiamo visto sui mercati, sia in Russia sia sui quelli occidentali, sono stati un tentativo più o meno riuscito (meno in Russia più in Occidente) di ostentare quasi una sorta di normalità e quindi una compostezza che dovrebbe far vedere all'avversario che le sue armi sono spuntate e che la situazione è sotto controllo. Per questo le prime reazioni non sono necessariamente un segnale da prendere alla lettera. È possibile che alcuni effetti si spieghino più lentamente nel tempo. Per il momento le cose sono abbastanza sotto controllo, però non diamo per scontato nulla. 

 

Nella sua ultima edizione de “Il Rosso e il Nero” del 24 febbraio ha affermato che era difficile capire quale potesse essere il premio per il rischio da attribuire azioni e bond europei. Adesso che le sanzioni sono note e che qualche elemento in più lo abbiamo come dobbiamo valutare il premio per il rischio per questi investimenti?
Da una parte il premio per il rischio è aumentato, se consideriamo il breve medio termine cioè l'orizzonte di 3 anni, è aumentato perché l'Europa in questo momento è più fragile. Ha rivelato tutta la sua dipendenza dall'energia russa. Per cui se si dovesse arrivare al caso improbabile - ma comunque a questo punto non si deve escludere nulla - di una rottura di quel canale rimasto aperto, cioè al fatto che la Russia interromperà le forniture o che l'Europa interrompa i pagamenti, o tutte e due le cose insieme, allora si toccherebbe con mano questa debolezza che, nel concetto di premio per il rischio, è solo ipotizzata. 
Dall'altra parte, dal medio termine in avanti, forse il premio per il rischio per l'Europa potremmo dire che addirittura diminuisca perché l'Europa, di fronte a questa crisi, prende atto delle sue debolezze e comincia a dare segni abbastanza significativi di volerle affrontare e risolvere nel medio termine. Ad esempio, il fatto che la Germania abbia deciso di rimandare la chiusura delle centrali nucleari, che abbia deciso di dare l'ok alla costruzione di due impianti di ri-gassificazione per poter importare gas liquido da altre parti del mondo e il fatto che la Germania abbia stanziato una forte somma per la smilitarizzazione e il riarmo che avrà un effetto sul ciclo economico che possiamo paragonare, almeno in parte, agli effetti delle misure espansive del 2020, non sono fattori da sottovalutare. Questa è una crisi che evidenzia le debolezze europee ma potrebbe mettere in moto una reazione che tenderà, probabilmente, a sanare, o comunque a limitare, queste debolezze dal medio termine in avanti. 

 

Questo è sicuramente l'auspicio di tutti. L'ultima domanda è un po più di carattere “comportamentale”. Diversi clienti dei consulenti finanziari probabilmente sono diventati investitori dal 2009. Questo significa che non hanno mai conosciuto una vera crisi finanziaria (lo S&P 500 da marzo 2009 alla fine del 2021 è cresciuto di quasi 600 punti percentuali). Come si può gestire in questo momento un cliente che potrebbe cadere nel panico da “terremoto finanziario”?
Io direi che bisogna ricordare ai clienti che questa è una crisi in evoluzione che potrebbe avere colpi di scena continui. Abbiamo visto già un inizio di trattative e abbiamo già assistito a un primo fallimento di trattative. E vedremo molti altri passi di questo tipo. Arriveranno dal fronte notizie di segni contrastante continuamente e quindi io non prenderei decisioni drastiche in una situazione di questo tipo. Decisioni drastiche vuol dire fermare il cliente che dice "vendo tutto" oppure il cliente liquido che dice "adesso mi compro tutto e faccio l'affare della vita".
Io prenderei decisioni graduali, un po' alla volta, lasciando alla crisi il tempo di evolvere e sfruttando i momenti in cui un dato asset ha un prezzo favorevole per accumulare o, al contrario, per alleggerire un po' il portafoglio. Si devono però prendere le decisioni distribuendo in un arco di settimane, se non di mesi, le valutazioni perché la durata di questa crisi non la conosciamo e, quindi, non si devono assumere decisioni affrettate e che coinvolgano l'intera struttura del portafoglio.

 

 

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