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Asset allocation, non è il momento di vendere azioni

3/4/2022 | Redazione Advisor

Bert Flossbach (Flossbach von Storch): “Chi esce dal mercato, avendo subito delle perdite, raramente riesce a trovare un punto di rientro conveniente”


“Molti investitori si chiedono se, in vista della guerra in Europa e delle sue possibili conseguenze, non convenga eliminare tutte le azioni dal portafoglio, o almeno coprirle”. Bert Flossbach, co-fondatore di Flossbach von Storch, spiega che "purtroppo, questo è molto più facile a dirsi che a farsi” visto che “le operazioni di copertura costano”.

Il gestore ricorda che “da un lato, gli strumenti di copertura sono generalmente costosi e di conseguenza riducono i rendimenti nel lungo periodo. Dall'altro non è sufficiente individuare il giusto tempismo nell'attivare gli strumenti di copertura, ma anche il momento giusto in cui eliminarli. L'esperienza evidenzia che la fase due del piano è molto più difficile, e spesso fallisce. Così, alla fine, si producono soprattutto costi. Lo stesso vale per chi opta per l’uscita dal mercato. Chi, oggi, vende le posizioni azionarie per paura che il mercato possa scendere ancora di più, sperando di rientrare più tardi a prezzi più bassi, può commettere lo stesso uno sbaglio. Chi esce dal mercato, avendo subito delle perdite, raramente riesce a trovare un punto di rientro conveniente. Anche in questo caso è fondamentale la prudenza. Soprattutto perché c’è un rischio molto più concreto per gli investitori oltre all’imponderabilità della guerra: l’inflazione. Come ho scritto in passato l’inflazione è qui per restare, e ne sono ancora convinto”.  

“A causa della guerra – constata il manager - il rischio di inflazione non diminuisce, anzi è in aumento. Da un lato per via del fatto che la Russia potrebbe venir meno come principale fornitore di energia e che i prezzi del petrolio e del gas continueranno a salire, facendo salire il tasso di inflazione. Dall'altro perché il tentativo della Banca Centrale Europea di normalizzare la sua politica dei tassi d'interesse probabilmente fallirà prima ancora di iniziare. Questo perché la guerra non solo rallenta la crescita economica globale, ma fa sì che il debito (nazionale) continui a crescere. Basti guardare ad esempio al massiccio aumento della spesa militare in Germania. Il debito globale può essere pagato a lungo termine solo se i tassi di interesse rimangono bassi. Non sono nell’interesse delle banche centrali né un notevole raffreddamento dell'economia globale, né un eccesso di pressione sui debitori. Le banche centrali hanno quindi le mani legate. L'aumento dell'inflazione con tassi d'interesse nominali invariati o, nel migliore dei casi, in leggero aumento, vale a dire tassi d'interesse reali complessivamente negativi, stanno riducendo sempre più i saldi dei conti di risparmio e dei depositi overnight. Un anno dopo l’altro”.

“Finora – prosegue l’economista - non c'è mai stato nulla di simile ai tassi d'interesse reali negativi nella storia della Repubblica Federale tedesca. In passato ogni volta che l'inflazione raggiungeva livelli elevati, i tassi d'interesse erano ancora più alti. Oggi e in futuro sarà diverso. Gli investitori devono prepararsi di conseguenza. Coloro che vogliono preservare il loro patrimonio a lungo termine hanno quindi bisogno di aumentare l’esposizione ai beni reali, non di diminuirla. Anche la guerra in Ucraina non cambia questa valutazione. Gli investitori hanno bisogno soprattutto di azioni in aziende di qualità, per quanto cinico ciò possa sembrare in questi giorni”.

L’analista non può “escludere che i mercati azionari scendano ancora nelle prossime settimane e mesi. Il nervosismo sui mercati dei capitali rimarrà alto. Sopportare le fluttuazioni dei prezzi, questo è il prezzo che gli investitori devono essere pronti a pagare in un mondo di rendimenti reali negativi per poter ottenere rendimenti adeguati e preservare il proprio patrimonio a lungo termine”.

“In ogni caso – conclude Bert Flossbach - ora non è il momento giusto per vendere azioni. Sarebbe anzi meglio comprarle - quando buone aziende sono ingiustamente o indebitamente punite dalle oscillazioni di mercato. Non è facile, lo so; ma non c'è altro modo. La turbolenza sui mercati azionari passerà, come sempre”.

 

 

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