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La rivincita della Old Economy

4/20/2022

Ritorna l’interesse per quei settori ad alta intensità di capitale che nel decennio scorso hanno visto scarsi investimenti produttivi o finanziari e hanno generato bassi ritorni. Il commento di Alessandro Fugnoli, Kairos


Oldies but Goldies. L’attuale fase di mercato vede un ritorno di interesse per quei settori ad alta intensità di capitale che nel decennio scorso hanno visto scarsi investimenti produttivi o finanziari e hanno generato bassi ritorni. E’ l’analisi di Alessandro Fugnoli, strategist di Kairos.

 

“Con il rallentamento della crescita globale provocato dalla guerra e dal ritorno a politiche monetarie meno espansive, le Borse stanno guardando con occhi nuovi ai diversi settori che compongono i listini” osserva Fugnoli. “Per tutto il decennio scorso e per tutta la fase pandemica, i tassi bassi hanno favorito la migrazione dei capitali verso i settori con i ritmi di crescita più alti. La tecnologia ha potuto così gonfiare le sue valutazioni di mercato non solo dove portava disruption, ovvero innovazione rivoluzionaria e dirompente, ma anche laddove andava assumendo caratteristiche di semi monopolio. In quest'ultimo caso, che è tipicamente quello dei colossi consolidati, la crescita non era più necessariamente dovuta all'innovazione, ma avveniva comunque grazie all'allargamento del bacino di mercato raggiunto”.

 

Da qui in avanti, tuttavia, Fugnoli ritiene che gli alti multipli raggiunti nella tecnologia verranno erosi dall'aumento dei tassi di interesse, mentre i ritmi di crescita subiranno comunque un rallentamento. “Per una buona parte dei titoli tecnologici si tratterà più che altro di un purgatorio. Una volta riportati i multipli a livelli più normali e una volta dimostrata la capacità di continuare a crescere in fatturato e utili, questi titoli riprenderanno a crescere di valore. Chi non avrà mostrato capacità di produrre utili vedrà però continuare quel processo di drastico ridimensionamento che abbiamo cominciato a vedere da alcuni mesi”.

 

Secondo Fugnoli, il nuovo contesto geopolitico e monetario vede però anche settori che vanno controcorrente. “Li si definisce per brevità old economy, ma non sono necessariamente settori tradizionali, quanto piuttosto settori ad alta intensità di capitale che nel decennio scorso hanno visto una cronica scarsità di investimenti produttivi o finanziari e hanno generato un basso ritorno sul capitale”.

 

“Bassa crescita e bassi profitti hanno portato a lungo andare all'uscita di scena dei soggetti meno efficienti e al consolidamento del settore nelle mani di pochissime grandi società meglio attrezzate per sopravvivere in un contesto difficile. Vengono in mente prima di tutto i produttori di materie prime. Qui il discorso è evidentissimo nelle energie fossili, ma si estende anche ai metalli industriali e alle derrate agricole. Qui i bassi investimenti prima e la pandemia, la guerra e le sanzioni dopo, hanno provocato una riduzione strutturale dell'offerta a fronte di una domanda che ha continuato a crescere. Il risultato – sottolinea Fugnoli  - è un pricing power elevato, ovvero non solo una grande capacità di scaricare a valle gli aumenti dei costi, ma anche la possibilità di far crescere i margini di profitto”.

 

La storia delle materie prime, osserva ancora lo strategist, “è ormai ben nota. Meno noto è che una situazione analoga esiste anche in altri settori tradizionali, dalla chimica all'alimentare, solo per citarne due. Anche qui per molti anni ci sono stati bassa crescita, bassi profitti, bassi investimenti e concentrazioni in un numero sempre più ridotto di soggetti. Oggi, in molti casi, le società sopravvissute a questo processo di selezione naturale sono in grado di scaricare i costi sull’utilizzatore finale, mentre le Borse osservano i loro multipli bassi con occhi nuovi e rinnovato interesse. Naturalmente occorre essere selettivi. Le società americane, che godono di un costo più basso dell'energia e sono meno esposte al rischio di interruzioni di forniture derivanti da guerre e sanzioni, partono favorite rispetto a quelle europee”.

 

Il messaggio secondo Fugnoli resta comunque quello di un mercato azionario più in rotazione strutturale che in discesa generalizzata. “Per gli investitori sarà importante prendere atto di questi cambiamenti, rifamiliarizzarsi con settori trascurati per molti anni, tornare a studiarli e aggiornare di conseguenza i loro portafogli. Non occorrerà stravolgerli, ma sarà certamente prudente renderli più equilibrati” conclude lo strategist.

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