Tempo di lettura: 6min

Emergenti: Kenya e Vietman sugli scudi, rischi sul debito

4/26/2022 | Daniele Riosa

Il protrarsi della guerra tra Russia e Ucraina impone inevitabilmente una revisione delle prospettive per il 2022 anche per questi Paesi. Le previsioni dei gestori


Il protrarsi della guerra tra Russia e Ucraina impone inevitabilmente una revisione delle prospettive per il 2022 anche per i Paesi emergenti. Non tutti ovviamente avranno ripercussioni così pesanti dal conflitto in corso: ad esempio i produttori di gas, petrolio, fertilizzanti e cerali, come il Brasile, in termini relativi avranno dei vantaggi rispetto ad altri, come l'India, che invece sono importatori netti di materie prime energetiche. Vediamo quali prospettive vedono i gestori per questi mercati.

Paolo Paschetta, country head per l’Italia di Pictet Asset Management, si sofferma sulle le nuove opportunità che offrono i Paesi emergenti: "Il nostro DNA ci porta ad individuare le nuove frontiere delle opportunità di investimento nei mercati emergenti. Ad esempio in Africa, un continente con una moltitudine di Paesi, alcuni dei quali con caratteristiche molto interessanti. Il Kenya, per esempio, secondo il Global Innovation Index, è il secondo Paese africano per innovazione. Investe molto nella formazione degli studenti, ha un rapporto debito-PIL virtuoso pari al 60% e bond in dollari con rendimenti pari all’8%, in linea con le emissioni obbligazionarie delle migliori economie emergenti. O ancora il Vietnam, nel sud est asiatico, un paese di frontiera che oggi comincia a essere percepito come un’alternativa alla manifattura cinese ed è il terzo esportatore di pesce a livello mondiale. A livello di temi, poi, vediamo opportunità in settori come la logistica, il commercio dei beni e i trasporti sostenibili, oltre che in tutto quanto concerne i sistemi di pagamento”.

“Gli investitori internazionali - prosegue Pascehtta - spesso sottovalutano i mercati emergenti a causa della loro instabilità e dei maggiori livelli di rischio che li contraddistinguono. Ci si dimentica però del loro dinamismo e dell’elevato tasso d’innovazione. I mercati emergenti, rispetto a quelli sviluppati, hanno la caratteristica di essere colpiti dalle crisi in modo più violento e profondo, ma hanno economie con capacità di recupero molto più rapide. In finanza, il tempo necessario affinché un’attività finanziaria o, in questo caso, un paese, possa tornare su nuovi massimi dopo un drawdown si chiama ‘time under water’. Prendendo ad esempio la crisi del 2008 e confrontando due indici azionari, l’MSCI World per i Paesi sviluppati e l’MSCI Emerging per gli emergenti, ci si accorge che il cosiddetto tempo sott’acqua per i primi è stato di 4 anni e 6 mesi, mentre per i secondi di soli 2 anni e 5 mesi. Ed è proprio dai mercati emergenti, e in particolare dalla Cina, che la crisi ha iniziato ad allentare la sua morsa, con l’allora premier Wen Jiabao che in breve tempo varò una manovra fiscale pari al 25% del Pil, salvando il mondo da una depressione secolare”. 

Come investire? Per il gestore “investire negli emergenti richiede un elevato grado di conoscenza e la capacità di individuare gli strumenti giusti. Il primo passo consiste nell’evitare le trappole. Le performance delle attività finanziarie dei mercati emergenti nell’ultimo trimestre del 2021 presentano differenze notevoli, con le azioni turche che hanno registrato un differenziale di rendimento del 46% rispetto a quelle di Taiwan. Se guardiamo alla storia degli ultimi 30 anni, i mercati emergenti sono stati colpiti da crisi di diversa natura più o meno ogni due o tre anni. Risulta pertanto difficile, da un punto di vista operativo, riuscire sempre a investire sui migliori ed evitare costantemente i peggiori”.

Diliana Deltcheva, head of emerging market debt di Candriam, si sofferma sul debito dei mercati emergenti che “a medio termine è supportato sia dalle valutazioni relative al segmento high yield (specialmente per quanto riguarda, nonostante la graduale contrazione della liquidità a livello globale, gli esportatori di energia) sia dall'outlook positivo per le materie prime nel mezzo di una ripresa dalla pandemia lenta ma comunque favorevole. L’invasione dell’Ucraina e il simultaneo isolamento della Russia a livello politico e finanziario hanno aumentato notevolmente sia il rischio per la traiettoria della ripresa globale sia il rischio di stagflazione a livello mondiale”.

“I rischi per l’outlook sul debito dei mercati emergenti - sottolinea Deltcheva - si sono moltiplicati: dall’aumento dei rendimenti dei Treasury e della volatilità in mezzo a un’inflazione elevata a livello globale, alle conseguenze dell’invasione dell’Ucraina e delle sanzioni imposte alla Russia che, contemporaneamente, hanno una ricaduta sui prezzi delle materie prime ed esercitano una pressione al ribasso sulla crescita globale. I default e le ristrutturazioni del debito in Bielorussia, Russia e Ucraina potrebbero indurre i paesi emergenti importatori di materie prime, con una capacità limitata di compensare l’aumento dei prezzi dell’energia e dei generi alimentari, a intraprendere la rinegoziazione del debito. Inoltre, non riteniamo che l'interventismo statale cinese nell’immobiliare e in altri settori sia stato risolto in modo decisivo. Questo, insieme alle politiche di tolleranza zero riguardo al covid, mantiene una pressione al ribasso sulla crescita cinese e sulla domanda di materie prime per quest’anno”.

L’esperta rimane “costruttiva sulle materie prime nel complesso, che dovrebbero avvantaggiare gli esportatori emergenti di materie prime e il debito emergente in generale, poiché la maggior parte dei costituenti dell'indice sono esportatori di energia o di metalli”.

Olivia Albrecht, global head of ESG di TCW crede che “i mercati emergenti offrano delle opportunità uniche negli investimenti nel tecnologia pulita per le motivazioni seguenti:

1 "La natura della tecnologia gioca a favore degli emergenti. L’energia rinnovabile, la manifattura delle batterie e lo stoccaggio energetico sono tecnologie di lavorazione ad alto capitale con significativi rendimenti di scala. Mentre nelle aree a basso capitale tecnologico (come il software e Internet) abbiamo visto una dominanza rilevante dei rappresentanti statunitensi, le imprese ad alto capitale, come la produzione di semiconduttori, tendono a deviare sull’Asia. Oltretutto, sebbene l’impatto generale del cleantech sull’ambiente sia superiore allo status quo, quello di selezionate aree upstream (ad es., la produzione di polisilicio) rende sempre più difficile stabilire una supply chain end-to-end autosufficiente nei mercati sviluppati (cementando ulteriormente la leadership a lungo termine con gli emergenti)”.  

2. “Il fatto di non dipendere da un determinato passato apre un’opportunità. Come per qualsiasi area relativamente nuova, il cleantech sta attraversando un rapido processo di cambiamento e sperimentazione. È una delle poche grandi aree della tecnologia in cui non sussiste un vantaggio di conoscenza pluridecennale nelle economie sviluppate, motivo per cui prevediamo che gli emergenti produrranno diversi leader globali in materia. Sono poche le aree nella tecnologia all'avanguardia in cui gli emergenti non siano una versione ‘me too’ dei Paesi sviluppati, fissando piuttosto gli standard in veste di innovatori globali: e finora la produzione di semiconduttori è l'esempio più importante. La produzione di batterie per veicoli elettrici e il solare stanno emergendo come aree di significativa superiorità tecnologica per gli emergenti, forse annunciando una nuova era nel panorama tecnologico globale. In entrambe le aree, i produttori cinesi e coreani non hanno rivali per dimensioni e sofisticatezza, un vantaggio che si autoalimenta, poiché anche i principali attori nella tecnologia delle energie rinnovabili stanno investendo in modo significativo in tecnologie di stoccaggio come l'idrogeno”.

3. “Un forte supporto a livello di policy. Data sia l'opportunità sia l'imperativo strategico del miglioramento climatico e dell'indipendenza energetica, la Cina ha dato priorità alla tecnologia pulita come uno dei suoi obiettivi politici. Va sottolineato come, mentre negli ultimi due anni un certo numero di aree tecnologiche in Cina ha dovuto affrontare delle sfide a livello normativo, il cleantech si è rivelato immune da qualsiasi interferenza negativa. L'India ha anche riconosciuto che le sue sfide energetiche sono simili a quelle della Cina e ha lanciato una serie di politiche a sostegno delle tecnologie per i cambiamenti climatici per incentivare gli investimenti del settore privato”.

Condividi

Seguici sui social

Advisor è la prima piattaforma interamente dedicata alla consulenza patrimoniale e al risparmio gestito con oltre 38.000 professionisti già iscritti


Accedi a funzionalità esclusive e migliora la tua esperienza di navigazione


  • Leggi articoli esclusivi
  • Salva le tue news preferite
  • Partecipa ad eventi esclusivi
  • Sfoglia i magazine in anteprima

Iscriviti oggi!

Hai già un profilo? Accedi qui

Cerchi qualcosa in particolare?