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Obbligazionario, le implicazioni della guerra per gli investitori

4/28/2022 | Redazione Advisor

Gli esperti di J.P. Morgan AM spiegano che “visto che l’inflazione si mantiene al di sopra del target, siamo convinti che i titoli di Stato statunitensi potrebbero essere vicini al valore equo”


Dopo la brusca correzione delle ultime settimane, alimentata dalla maggiore volatilità dei mercati, il team global fixed income, currency and commodities group di J.P. Morgan Asset Management esamina in che misura i titoli di Stato si siano avvicinati al fair value.

“Il quadro fondamentale - argomentano gli analisti - è caratterizzato da uno scenario di inflazione galoppante, dalla prospettiva di inasprimento delle politiche monetarie e dall’escalation della guerra in Ucraina. A marzo, negli Stati Uniti, l’inflazione complessiva è aumentata dell’8,8% su base annua (a/a), il ritmo più elevato dal 1981. Tuttavia, questo andamento è in larga misura dovuto all’impennata dei prezzi del gas provocata dall’invasione dell’Ucraina da parte della Russia. Per la prima volta da agosto dello scorso anno, l’inflazione core, che esclude la componente volatile dell’energia, è inferiore alle stime di consenso. Ciò nonostante, il mercato continua ad aspettarsi che nel corso della prossima riunione, ai primi di maggio, la Federal Reserve innalzi i tassi di 50 punti base (pb). Anche nell’Eurozona il carovita continua a sorprendere al rialzo: a marzo l’inflazione complessiva è aumentata del 7,5% su base annua. Nonostante la maggiore inflazione e il fatto che l’Europa dipenda in misura maggiore dalle forniture di energia russa, la Banca Centrale Europea (BCE) ha deluso le aspettative dei mercati annunciando la fine dell’allentamento quantitativo nel terzo trimestre, senza però fornire una data certa. I persistenti timori della BCE legati ai rischi per la crescita hanno, di conseguenza, modificato le aspettative degli investitori sul primo rialzo dei tassi nell’Eurozona, inizialmente previsto per luglio. Su scala globale, sembra che le politiche di inasprimento monetario stiano optando per un nuovo standard, con rialzi di 50 pb al posto dei consueti 25 pb: di fatto, a inizio mese, le Banche Centrali di Nuova Zelanda e Canada hanno attuato incrementi di quest’ordine di grandezza”.

Passando alle valutazioni quantitative “nelle ultime settimane, i rendimenti dei titoli di Stato globali sono aumentati in misura significativa. Al momento, il rendimento del Treasury USA a 10 anni è al 2,90%, con un incremento dell’1,40% da inizio anno (al 19 aprile 2022). Inoltre, il segmento a lungo termine della curva si è mosso al rialzo: i rendimenti trentennali hanno sfiorato il 3,0% compensando in parte l’appiattimento della curva osservato nelle settimane precedenti (i segmenti a due e dieci anni – un prodromo tipico di recessione, si sono invertite per un breve lasso di tempo). Di conseguenza, in base ad alcuni parametri, i rendimenti dei Treasury si sono ridotti. Ad esempio, il tasso di inflazione a 5 anni su 5 anni forward (5y5y)’ relativo al diagramma (dot plot) di lungo periodo della Fed – che misura l’inflazione quinquennale attesa prevista dal mercato tra cinque anni – è passato in territorio largamente positivo. Tuttavia, i rendimenti continuano a essere bassi. L’irripidimento della curva, superiore alle attese, indicherebbe quindi agli investitori che potrebbero assistere a un appiattimento correttivo, in quanto l’inflazione continua a essere superiore al target e le Banche Centrali saranno costrette a reagire, inasprendo la politica monetaria. Andamenti simili sono stati osservati per i rendimenti dei titoli di Stato europei in quanto gli investitori hanno, in generale, preso le distanze dal comparto obbligazionario aspettandosi cicli aggressivi di rialzi dei tassi”.

“Il quadro tecnico - continuano i gestori - è contrastante, caratterizzato da investitori che abbandonano in maniera indiscriminata i mercati obbligazionari globali, spingendo al rialzo i rendimenti. Abbiamo osservato deflussi consistenti da fondi comuni, così come da investitori asiatici, a fronte di una propensione generalizzata al posizionamento su livelli di duration piu bassi. Fa eccezione l’Australia che sconta dati sull’occupazione più deboli del previsto. Tuttavia, nel complesso, gli investitori sono ‘meno corti’ rispetto al passato, segno che in termini di posizionamento potremmo aver superato il picco. Sembrerebbe che nelle ultime settimane, negli Stati Uniti, il posizionamento lungo la curva si sia spostato in territorio positivo visto che gli investitori prevedono un appiattimento correttivo. Un’eventuale ulteriore decelerazione (se non inversione) dei deflussi potrebbe indurre a un cauto ottimismo sulle valutazioni e le conseguenti opportunità”.

Cosa significa per gli investitori obbligazionari? “Le preoccupazioni degli investitori sull’andamento dell’inflazione (e la capacità delle Banche Centrali di attuare una stretta monetaria senza penalizzare eccessivamente la ripresa economica) e i timori per l’escalation della guerra in Ucraina hanno accentuato le pressioni di vendita e indotto un brusco riprezzamento nel mercato dei titoli di Stato. Pur aspettandoci che tendenzialmente le curve continuino ad appiattirsi, visto che l’inflazione si mantiene al di sopra del target, siamo convinti che i titoli di Stato statunitensi potrebbero essere vicini al valore equo".

"La raccomandazione per i portafogli globali - concludono i manger di J.P. Moragan AM - è di monitorare le posizioni dirette di duration corta ed eventuali ulteriori rialzi significativi dei rendimenti. Inoltre, seguiamo attentamente l’andamento dell’esodo degli investitori per scorgere eventuali segnali di decelerazione di questo trend di vendite dei titoli obbligazionari”.

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