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Cina, lo “Zero Covid” costa caro

5/13/2022

La politica attuata da Pechino per combattere la pandemia sta provocando un forte rallentamento della crescita economica. Fino a quando sarà sostenibile il costo di un tale approccio? Il commento di GAM


“Zero Covid = Zero crescita”. E’ l’equazione rilevata da Paolo Mauri Brusa, gestore del team multi asset Italia di GAM (Italia) SGR. “La politica “Zero-Covid” attuata dalle autorità cinesi sta provocando un forte rallentamento della crescita economica del Paese e gravi interruzioni alle catene di approvvigionamento occidentali. Fino a quando sarà sostenibile il costo di un tale approccio?” si chiede il gestore.

 

“Secondo i ricercatori della Fudan University di Shanghai, se il Governo cinese dovesse abbandonare la politica di intransigenza sulle infezioni da Covid si rischierebbe uno tsunami di contagi, con oltre 100 milioni di casi sintomatici e 5 milioni di ricoveri che manderebbero in tilt il sistema sanitario nazionale, provocando 1,6 milioni di decessi” spiega il gestore. “Lo studio, pubblicato sulla rivista Nature Medicine, ha rilevato che il livello di immunità indotto dalla recente campagna di vaccinazione sarebbe insufficiente a fermare la variante omicron, visti i bassi tassi di copertura tra la popolazione anziana e la capacità del virus di eludere la protezione fornita dai vaccini cinesi. Secondo le stime del governo, grazie alle misure adottate finora sono stati evitati almeno 1 milione di decessi da inizio pandemia. Il numero di morti da Covid ammonta, infatti, a 5 mila unità contro le 990 mila degli Stati Uniti che, oltretutto, contano solo un quarto della popolazione cinese. Tuttavia, aumentano le preoccupazioni per i costi sociali e finanziari di “Covid Zero”, che ha richiesto restrizioni sempre più severe. Due sondaggi pubblicati la scorsa settimana hanno confermato il basso morale della comunità imprenditoriale. L’indice Caixin, che valuta le prospettive dell’attività industriale, è sceso a 46 in aprile da 48,1 del mese precedente”. Un indice inferiore a 50 indica una contrazione economica.

 

Il gestore spiega che la situazione è ancora peggiore nel settore dei servizi, dove l’indice è passato da 42 a 36,2. “Secondo Nomura 46 città cinesi, che rappresentano un quarto della popolazione e il 35% del prodotto interno lordo del Paese, stanno vivendo un blocco totale o parziale delle attività. Foxconn ha dovuto dapprima sospendere, poi ridurre la produzione nel suo maggior stabilimento di Zhengzhou, da dove escono circa il 70% degli iPhone di casa Apple. Il lockdown nella città di Xi’an, durato un mese, ha causato disagi ai principali produttori di chip Micron Technology e Samsung, mentre Toyota e Volkswagen hanno dovuto sospendere la produzione nelle fabbriche di Jilin. Molte istituzioni finanziarie hanno abbassato le stime di crescita per il 2022 dal 5,5% al 4%. Ma secondo alcuni economisti i lockdown hanno già causato una contrazione che è costata alla Cina quasi 2.700 miliardi di dollari e, in assenza di un allentamento delle misure restrittive, l’anno in corso potrebbe risultare persino peggiore del 2020, quando la crescita si fermò al +2,3%”.

 

Malgrado le valutazioni dei listini azionari siano arrivate a livelli storicamente bassi, le prospettive per i prossimi mesi restano secondo il gestore alquanto incerte. “In assenza di vaccini efficaci contro le nuove varianti o farmaci per la cura delle infezioni da Covid – conclude Brusa - il Governo non farà di certo retromarcia perché vorrebbe dire riconoscere implicitamente come errata la decisione di tutti questi mesi”.

 

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