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Investire in un mondo che cambia

6/9/2022

Siamo alle porte di un nuovo regime economico, che segnerà tra gli altri il ritorno del reddito fisso come componente di diversificazione e driver di performance nei portafogli. L’outlook di J.P. Morgan AM


Gli ultimi mesi sono stati complicati per gli investitori, che hanno dovuto affrontare non solo un calo importante dei mercati azionari ma anche una discesa repentina dei prezzi dei bond. Un interrogativo fondamentale da porsi è se siamo a un punto di svolta e le cose miglioreranno oppure il contesto è destinato a deteriorarsi ulteriormente. E’ questo uno dei temi chiave discussi dagli esperti di J.P. Morgan AM nel corso del 2022 Media Summit tenutosi a Londra ieri, il primo evento in presenza con i giornalisti europei dallo scoppio della pandemia.

 

Gli esperti del colosso americano hanno evidenziato come l’attenzione degli investitori in questa fase si focalizzi su tre principali preoccupazioni: in primo luogo la guerra in Ucraina, e il suo impatto sull’inflazione e sulla domanda in Europa; in secondo luogo l’evoluzione della pandemia in Cina, e in terzo luogo, ma non per importanza, come le banche centrali risponderanno ad un contesto di rallentamento della crescita e inflazione persistente.

 

Per quanto riguarda il primo tema, Vincent Juvyns, global market strategist, ha evidenziato che a inizio anno le prospettive sull’Europa erano decisamente positive, poi l’invasione russa dell’Ucraina ha inevitabilmente complicato il quadro, esacerbando in particolare le pressioni inflazionistiche. “Le cose andranno peggio prima di andare meglio” ha spiegato. “Non prevediamo una recessione in Europa, ma ci aspettiamo un rallentamento economico e un’inflazione più persistente rispetto alle previsioni di inizio anno”. Secondo Juvyns tuttavia i rischi maggiori per l’Europa sono dal lato dell’approvvigionamento energetico, piuttosto che un surriscaldamento dei prezzi. Senza dimenticare che la Russia è uno dei maggiori esportatori non solo di petrolio e gas naturale, ma anche di numerose altre commodity, dal palladio al platino, dai fertilizzanti al grano, con ricadute negative sulle catene di approvvigionamento e quindi sui prezzi non solo dell’energia ma di numerosi altri beni. Per questo J.P. Morgan ha un outlook più prudente sull’Europa sul breve termine, anche se per il lungo termine ci sono motivi di ottimismo: la nota positiva è che le politiche di sostegno fiscale messe in campo dall’Unione Europea dovrebbero attutire l’impatto di questi venti contrari. Il riferimento è al recovery fund, e in particolare alle risorse destinate alla transizione energetica, che il conflitto ha reso un tema ancora più prioritario nell’agenda europea.

 

Per quanto riguarda la Cina, Tilmann Galler, global market strategist, ha osservato che il principale vento contrario, oltre alla regolamentazione e al mercato immobiliare, è rappresentato dalla politica “zero-Covid” adottata da Pechino, spinta dai timori che la diffusione dei contagi possa mettere in grossa difficoltà il sistema sanitario cinese e che ha portato ad una frenata brusca dell’economia. Una politica che non è sostenibile, per cui è necessario che il Paese impari a “convivere” con il virus, anche se questo richiederà del tempo. Un cambio di approccio che comunque è già iniziato, come dimostra l’avvio di una campagna vaccinale su larga scala, a cui come ulteriori motivi di ottimismo si aggiungono da un lato il fatto che la Banca centrale cinese ha spazio di manovra per dare maggiore supporto all’economia grazie a dati che indicano una stabilizzazione dell’inflazione, e dall’altro che le dinamiche del credito sono in miglioramento.

 

Quanto alle banche centrali, il conflitto in Ucraina insieme al rialzo delle commodity ha portato ad una combinazione particolarmente scomoda di inflazione in aumento e rallentamento della crescita, con lo spauracchio della stagflazione che rappresenta un incubo per le banche centrali. Tuttavia Paola Toschi, global market strategist, ha sottolineato come spesso i mercati in passato hanno sottovalutato le banche centrali, con aspettative di rialzi dei tassi ben più elevati di quanto poi si sia effettivamente concretizzato. Negli Sati Uniti, secondo Toschi, le aspettative sono di un rallentamento dell’attività economica ma anche dell’inflazione, che consentiranno alla Fed di adottare un approccio meno aggressivo in termini politica monetaria.

 

In generale secondo J.P. Morgan siamo entrati in un nuovo regime economico, che ha importanti implicazioni sui mercati e sugli investimenti, segnando la fine dell’epoca di repressione finanziaria che abbiamo vissuto a partire dal 2008, in cui “tutto saliva a qualunque prezzo”, e riportando al centro i fondamentali. Da ora in poi la selettività sarà un fattore cruciale, ma i mercati hanno già prezzato la maggior parte delle cattive notizie, e le valutazioni stanno tornando su livelli interessanti, tanto per le azioni che per le obbligazioni. In particolare il reddito fisso, dopo un periodo particolarmente complicato, potrebbe tornare gradualmente a rivestire un ruolo più tradizionale nei classici portafogli bilanciati 60/40, sia come driver di performance che come fattore di diversificazione accanto alla componente equity.

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