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Mercato del credito: attenzione alla duration

6/13/2022 | Marcella Persola

In questa situazione di incertezza e volatilità Mauro Valle, head of fixed income di Generali Investments Partners, indica come proteggersi dai rischi del mercato sottolineando...


Gli ultimi sviluppi geopolitici, con la guerra in Ucraina che da oltre tre mesi catalizza l’attenzione della comunità internazionale, non hanno fatto altro che aggiungere benzina sul fuoco dell’inflazione. Le banche centrali, che ancora alla fine del 2021 parlavano di aumento transitorio, oggi si trovano in una situazione differente e la Bce sembra ormai destinata a seguire l’esempio della Fed, così come annunciato nell'ultimo meeting di giugno.

In un contesto così delicato per il mercato del credito abbiamo chiesto a Mauro Valle, head of fixed income di Generali Investments Partners, di indicare come proteggersi dal rischio duration e definire un’asset allocation a prova di incertezza e volatilità.

 

Lo scorso 9 giugno si è riunita la Banca centrale europea. Il Consiglio direttivo ha annunciato un rialzo dei tassi di 25 punti base, oltre la fine del programma di acquisto asset a partire dal 1 luglio. Cosa dobbiamo attenderci nei prossimi mesi?

Al momento, l’obiettivo principale della BCE è contenere la crisi inflattiva: i mercati da qualche settimana oramai stanno prezzando una serie di rialzi dei tassi piuttosto consistente da parte di Francoforte. E’ infatti ormai chiaro che l’aumento dei prezzi al consumo in Eurozona non sia destinato ad rallentare la corsa nel breve termine. La Fed era già corsa ai ripari un mese fa, con una stretta monetaria che non si vedeva da 20 anni.

Per quanto riguarda la BCE, il mercato, che già si attendeva i primi 25bps a luglio, adesso confermati dalla Lagarde, ora si sta preparando ad altri rialzi nel corso dell’anno, con il rischio che possano decidere di muovere di 50 bps. In questo scenario, al netto dell’incertezza derivante dalla guerra in Ucraina, la parte breve della curva euro sembra destinata a salire, mentre si cerca di capire come potrebbe muoversi il tasso Bund, al momento ben sopra al livello di 1.25%. In ogni caso, l’impressione è che da questi livelli la spinta al rialzo dei tassi a lunga scadenza sia destinata ad affievolirsi.

 

In una situazione di tale incertezza, quali sono le sue raccomandazioni per un’asset allocation ottimale?

Partiamo dal presupposto che, come ricordavo già all’inizio dell’anno (ancora prima della guerra in Ucraina), potevamo già aspettaci che le politiche monetarie sarebbero diventate sempre meno accomodanti.

Consigliamo dunque di mantenersi cauti sulla duration, favorendo per contro le scadenze più lunghe, per limitare la sensibilità del comparto a un flattening della curva in caso di decisi rialzi dei tassi da parte della BCE. Restiamo esposti sui titoli inflation linked per beneficiare del rialzo delle break-even, anche se l’esposizione è stata ridotta dopo il forte movimento da inizio anno. Infine, restiamo moderatamente esposti sui Paesi periferici, Italia e Grecia: anche se da un lato gli spread si stanno allargando per la politica monetaria più aggressiva della banca centrale, dall’altro a questi livelli scontano una buona parte dello scenario atteso.

A supporto degli spread sarà comunque da monitorare se la BCE nei prossimi mesi deciderà di annunciare la creazione di un meccanismo per evitare la frammentazione dei rendimenti tra i vari paesi dell’Eurozona.

 

Dove trovare le opportunità nell’ambito del reddito fisso, oggi?

Al momento qualsiasi mossa non può prescindere dal contesto di incertezza e volatilità che stiamo vivendo, ultimi su tutti i rischi dovuti alle sanzioni e al prezzo dell’energia provocati dallo scoppio della guerra in Ucraina. Detto ciò, sarà da capire se si vi sarà un rallentamento economico dell’Eurozona nei prossimi trimestri, in parte alimentato dal rialzo dei tassi stessi. In questo caso, oltre certi livelli, i tassi core potrebbero tornare ad essere interessanti. In uno scenario più favorevole alla crescita economica, invece si potrebbe favorire maggiormente i corporate bond, preferendo i  titoli finanziari mentre tra quelli non finanziari l’approccio potrebbe sovrappesare i settori e le società che possano beneficiare del persistente rialzo delle materie prime energetiche, sottopesando al contempo i titoli delle società legate ai consumi a causa delle pressioni inflazionistiche che colpiscono i consumatori finali.

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