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Gli italiani investiranno più in criptovalute che in azioni

7/7/2022 | Redazione Advisor

Dall’indagine commissionata da Trade Republic a Censuswide, emerge che il 45% degli intervistati ha affermato che le maggiori opportunità di guadagno sono da ritrovarsi proprio nelle cripto


Le criptovalute, che operano su reti decentralizzate indipendenti dalle valute nazionali o dai mercati dei capitali, negli ultimi anni sono diventate un importante strumento di diversificazione dei portafogli di investimento. Trade Republic, piattaforma di investimento e risparmio leader in Europa, ha commissionato un’indagine quantitativa all’istituto di ricerca indipendente Censuswide, al fine di indagare propensioni e comportamenti passati, presenti e futuri degli italiani nei confronti di un tema così rilevante come quello delle criptovalute. Dalla ricerca, condotta nel periodo di aprile 2022 e che ha coinvolto oltre 2.000 intervistati nella penisola, emerge un contesto in cui le criptovalute sono oggi ben lontane dall’essere un fenomeno di nicchia.

Criptovalute tra passato, presente e futuro

Tra le tipologie di prodotti finanziari in cui gli italiani hanno investito in passato, le criptovalute sono state scelte dal 31% degli intervistati, e sono dunque seconde solo alle azioni italiane (34%), seguite da obbligazioni (27%), azioni internazionali (22%) e piani di risparmio azionario (18%). Questo risultato è particolarmente interessante considerando che fra le azioni internazionali sono inclusi grandi nomi come le “Big Tech” americane. Troviamo una concentrazione particolarmente alta di investitori in valute virtuali nella fascia di età 18-35 anni e nel sud Italia, in particolare nelle isole. Spostandosi verso il Meridione, le criptovalute diventano prime nella classifica degli investimenti effettuati in passato.

Per quanto riguarda le asset class in cui si intende investire in futuro, le criptovalute primeggiano con il 33%, seguite da azioni italiane (22%), fondi comuni di investimento (19%), immobili (18%) e obbligazioni (17%). In aggiunta, il 45% degli intervistati ha affermato che le maggiori opportunità di guadagno sono da ritrovarsi nelle criptovalute, seguite da materie prime (38,5%) e immobili (32%). Una percentuale relativamente alta del totale degli intervistati (34%) afferma di aver aperto un conto presso una piattaforma specializzata nel trading di criptovalute. Nelle isole questa percentuale sale fino a oltre il 40%.

Preferenza assoluta delle criptovalute per gli investitori alle prime armi 

Alla domanda relativa a quale prodotto gli intervistati prenderebbero in considerazione per il primo investimento della loro vita, il primato va ancora una volta alle criptovalute. Un terzo (33%) degli intervistati ha affermato che prenderebbe in considerazione le crypto, seguite da materie prime (12%), mercato immobiliare (11%) e azioni italiane (10%). Questa polarizzazione verso le criptovalute è stata particolarmente evidente per i clienti maschi (39%) e le persone di età compresa tra 18-25 (44%) e 36-45 (43%).

“Noi di Trade Republic vogliamo rendere le opportunità offerte dai mercati finanziari accessibili a tutti, consentendo ai nostri clienti di costruire ricchezza a lungo termine per il proprio futuro, e le crypto stanno diventando uno strumento diffuso in tal senso. L’appetito verso questa categoria di prodotti continua a essere alto, ma è molto importante affidarsi a piattaforme regolamentate e tenere le criptovalute sempre all’interno di un portafoglio ben diversificato, specialmente se non si ha grande esperienza alle spalle. - commenta Emanuele Agueci, country manager Italia di Trade Republic - Inoltre, crediamo sia importante monitorare l’evoluzione di questo segmento, in particolare tasso di adozione e capitalizzazione di mercato di criptovalute sia tradizionali che emergenti”.

Criptovalute al primo posto per conoscenza

Le criptovalute appaiono inoltre essere la asset class più conosciuta all’interno del campione di intervistati: il 43% afferma di conoscerle, mentre a sorpresa meno di un quarto degli intervistati afferma di conoscere categorie di investimento “classiche”, come i fondi comuni di investimento (24%) o i piani di risparmio azionario (16%).

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