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L'impatto di inflazione e tassi sui mercati emergenti

7/27/2022 | Lorenza Roma

Le prospettive di crescita per questi mercati sono contrastanti, con notevoli variazioni tra le regioni. E' quanto emerge dall'analisi di T. Rowe Price


L'impennata dei prezzi e l'escalation delle tensioni in Europa hanno impattato la performance dei mercati. Chris Kushlis, chief of China and emerging markets macro strategy, T. Rowe Price, analizza l'impatto di conflitti geopolitici, inflazione e rialzo dei tassi sui mercati emergenti a seconda delle diverse specificità regionali.

 

"I rischi geopolitici, e in particolare la guerra in Ucraina, hanno creato un contesto molto complesso. Sebbene sia improbabile che i mercati emergenti abbandonino il dollaro come valuta di riserva, continueranno a cercare modi per limitarne l’uso", spiega l'esperto. "Nel breve termine, tuttavia, una delle preoccupazioni principali è il rischio di sanzioni. Qualsiasi scambio commerciale tra Cina e Russia sarà sottoposto a controlli. Per ora, le principali istituzioni cinesi non stanno sfidando apertamente le sanzioni, ma la Cina ha reti per continuare a commerciare con Paesi come l’Iran e la Corea del Nord che, di fatto, non la espongono a sanzioni secondarie".

 

"La crescita dei mercati emergenti è complessivamente piatta", afferma Kushlis. "L’America Latina e l’area CEMEA sono in testa, con alcuni Paesi che mostrano segni di output gap positivi. Il principale freno alla crescita è stato rappresentato dalla Cina, dove gli shock legati alla pandemia si stanno facendo sentire dopo che altri indicatori avevano mostrato un inizio d’anno ragionevolmente forte. Sebbene l’anno scorso il rallentamento dell’economia cinese non abbia contagiato i mercati emergenti, in quanto la riapertura dei mercati sviluppati dopo il blocco della pandemia si è rivelata sufficiente a mantenere elevati i prezzi delle materie prime, quest’anno la Cina potrebbe tornare ad avere un impatto maggiore".

 

"Le prospettive di crescita per i mercati emergenti sono contrastanti, con notevoli variazioni tra le regioni" aggiunge il manager. "Molti Paesi dell’America Latina e dell’area CEMEA stanno affrontando pressioni inflazionistiche e la prospettiva di un inasprimento da parte delle banche centrali, che dovrebbero causare un rallentamento della crescita. Ulteriori ostacoli arriveranno dai mercati sviluppati, con il tightening delle banche centrali e la rotazione della domanda che si allontana dai beni dell’era pandemica. Ciò potrebbe portare ad un calo delle esportazioni verso i mercati sviluppati, con un conseguente rallentamento della crescita. In Asia, dove le economie stanno iniziando a riaprire e la pressione inflazionistica è minore a causa del persistente output gap, le prospettive di crescita sono più promettenti".

 

L’inflazione ha continuato a rappresentare un problema importante in molti mercati emergenti, in particolare in America Latina e in Europa centrale e orientale. Per contro, in Asia, Sudafrica e Israele gli effetti sull’inflazione sono stati finora limitati, in parte a causa dei loro output gap più persistenti. L’energia e i generi alimentari sono le componenti principali degli indici dei prezzi al consumo dei mercati emergenti (rispettivamente 8% e 25%, in media). Ciò significa che gli effetti di primo impatto del conflitto tra Russia e Ucraina aggiungeranno probabilmente 200-300 punti percentuali all’inflazione complessiva nel breve termine.

 

"Le valute dei mercati emergenti hanno avuto un andamento sostanzialmente in linea con quello delle materie prime. Gli esportatori hanno beneficiato di un forte rimbalzo in seguito allo shock della guerra tra Russia e Ucraina, che poi si è affievolito. Nel complesso, le valute rimangono fondamentalmente a buon mercato rispetto alle medie di lungo periodo, ma mancano di un forte catalizzatore che ne determini la performance al di fuori dei rialzi ciclici delle materie prime o della ripresa della crescita globale e delle esportazioni. La debolezza dei fattori di crescita interna ha limitato la rivalutazione delle valute locali. La forza del dollaro statunitense, alimentata da una politica di rialzo dei tassi più aggressiva da parte della Fed e da un calo del sentimento di rischio globale, presenta un contesto difficile per le valute dei mercati emergenti. In particolare, la debolezza del renminbi e dello yen rappresenta un vento contrario per le altre monete asiatiche. Dati i limitati canali di deflusso dei capitali in Cina, l’influenza del renminbi si è fatta sentire maggiormente attraverso i canali dell’economia reale e sulle economie più legate alla Cina", conclude Kushlis.

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