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Cambio euro/dollaro sotto la parità. Come muoversi

7/29/2022 | Redazione Advisor

Il recente calo dell’euro al di sotto della parità rispetto al dollaro dovrebbe preoccupare gli investitori. Ecco il parere di State Street Global Advisors


Il recente calo dell’euro al di sotto della parità rispetto al dollaro ha generato timori in merito a crescita economica, politica e inflazione in Europa. Il calo al di sotto di questo livello dovrebbe preoccuparci? E soprattutto, questo giustifica un riesame delle prospettive di crescita, inflazione o politica dell'Europa? Ecco cosa ne pensa Aaron Hurd, senior portfolio manager di State Street Global Advisors.

 

"A prima vista, l’evento ha un impatto minimo sulle prospettive dell’Europa", spiega Hurd. "Infatti, è il dollaro ad essersi costantemente rafforzato piuttosto che l’euro ad essere estremamente debole. In altre parole, sebbene attualmente il cambio EUR/USD si attesti circa l’11% al di sotto della sua media quinquennale, il dollaro si sta rafforzando rispetto a tutto, tranne rispetto ai beni reali e servizi. L’apprezzamento relativo del dollaro da un lato comporta un aumento del costo delle importazioni statunitensi e un’indesiderata crescita dell’inflazione, dall’altro migliora anche l’attrattiva relativa delle esportazioni dell’Unione Europea verso gli Stati Uniti".

 

"Ciò non significa che il recente deprezzamento dell’euro debba essere ignorato", aggiunge il manager. "Le condizioni sono molto complesse e riteniamo che ci siano due ragioni fondamentali che possono giustificare un aumento del rischio che l’euro scenda nell’intervallo 0,90-0,95. Il più importante è il rischio di un’interruzione quasi totale delle forniture di gas russo. La Russia ha già ridotto le forniture di gas del 60% e, non essendoci segnali che fanno sperare che la fine del conflitto tra Russia-Ucraina e delle relative sanzioni sia vicina, non si possono escludere ulteriori riduzioni. In secondo luogo, un ampliamento degli spread del credito periferico è un rischio significativo che fa rivivere i timori di un’altra crisi del debito nell’UE. In questo contesto, l’annuncio della Banca Centrale Europea (BCE) del nuovo TPI (Transmission Protection Instrument) per "contrastare dinamiche di mercato ingiustificate e disordinate che costituiscono una seria minaccia alla trasmissione della politica monetaria" assume un’importanza rilevante".

 

"La BCE ha poco potere per sostenere la valuta nel caso si verificassero le circostanze sopra descritte. Una recessione indotta dal razionamento delle forniture di gas sarebbe di tipo inflazionistico, e se la BCE dovesse rimanere cauta o rendere le condizioni più accomodanti per sostenere la crescita, perderebbe credibilità sull’inflazione e l’euro ne risentirebbe. D’altro canto, se la BCE dovesse alzare i tassi per combattere l’inflazione e sostenere la valuta, gli investitori potrebbero temere una recessione ancora più profonda, con la conseguenza che l’euro tornerebbe a soffrire. Tuttavia, riteniamo che i rischi per l'euro siano più bassi".

 

"Sul lungo termine, nei prossimi 3-5 anni, le prospettive sono più costruttive. Le famiglie sono in possesso di risparmi in eccesso, i bilanci delle imprese sono buoni, il tasso di disoccupazione è ai minimi storici dall’avvento dell’euro ed è probabile che in uno scenario di recessione si assista all’introduzione di un sostegno fiscale. L’eurozona è ben posizionata per minimizzare i danni permanenti di una recessione. Potrebbero volerci 2-3 anni, ma alla fine l’UE sostituirà l’energia proveniente dalla Russia e ricostruirà le scorte. Questo potrebbe essere un elemento abbastanza positivo in termini di stabilità a lungo termine delle forniture. Al contempo, gli investimenti in settori quali tecnologia green, digitalizzazione e semiconduttori potrebbero contribuire a migliorare le prospettive di crescita a lungo termine dell’Eurozona. Anche i flussi di capitale potrebbero migliorare, in quanto i tassi di interesse della BCE si stabilizzeranno in territorio positivo e il prossimo ciclo di ripresa economica incoraggerà una serie di afflussi nei mercati azionari europei, relativamente più economici. Ci aspettiamo che tutti questi fattori positivi si manifestino nel contesto di un più ampio indebolimento del dollaro, che attualmente è vicino ai massimi da 30 anni rispetto alle nostre stime del suo fair value di lungo periodo. Una volta superata l’attuale serie di shock macro, riteniamo che il rapporto EUR/USD possa recuperare almeno fino a 1,20 nei prossimi 5 anni", conclude Hurd.

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