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Back to the 70s?

8/9/2022 | Redazione Advisor

L’attuale contesto inflazionistico ricorda per certi versi gli anni Settanta, ma per altri le differenze sono notevoli. L’analisi di MFS


L'attuale contesto d'inflazione ricorda per certi versi gli anni '70, ma per altri differiscono notevolmente. Erik S. Weisman, chief economist e portfolio manager di MFS, analizza analogie e differenze tra i due periodi.

 

Iniziamo dalle analogie. “Negli anni '70, un decennio tristemente noto per l'andamento fuori controllo dei prezzi, una combinazione di circostanze fece salire l'inflazione alle stelle” osserva Weisman. “Alcune di queste circostanze erano apparse già negli anni '60, quando gli Stati Uniti, alle prese con la guerra in Vietnam e la minaccia dell'Unione Sovietica nella Guerra Fredda, perseguivano una politica "della pistola e del burro", con spese ingenti da parte del governo sia per la difesa che per i programmi sociali. Questo scenario assomiglia per certi versi a quello odierno, con un'elevata spesa militare negli Stati Uniti e un rapido aumento degli stanziamenti per la difesa in Europa a causa dell'invasione russa in Ucraina, oltre all'incremento della spesa sociale a fronte dell'invecchiamento dei Baby boomer. E se le risposte dei governi alla pandemia insegnano qualcosa, ci aspettiamo sussidi governativi più abbondanti oltreoceano. In altre parti del mondo, reti di sicurezza generose e programmi sperimentali come il reddito di base universale suggeriscono un approccio più robusto al benessere sociale”.

 

“L'analogia più evidente tra oggi e gli anni '70 – prosegue - riguarda il prezzo elevato del petrolio. L'embargo petrolifero dell'OPEC nel 1973 e la rivoluzione iraniana nel 1979 destabilizzarono le forniture energetiche globali. Oggi è l'invasione russa dell'Ucraina e il suo impatto sulle forniture di petrolio e gas naturale a sconvolgere i mercati”.

 

Un'altra analogia con gli anni '70 riguarda “l'errata valutazione da parte della Federal Reserve statunitense, sia allora che negli ultimi anni, di alcuni importanti fondamentali economici. Proprio mentre l'inflazione si riprendeva da livelli prossimi allo zero all'indomani dei lockdown globali nella fase iniziale della pandemia, la Fed, dopo un decennio di inflazione persistentemente inferiore all'obiettivo, ha adottato un target flessibile di inflazione media. Il tempismo della banca centrale non poteva essere peggiore. Le strozzature legate al COVID, le carenze di manodopera e il cambiamento delle abitudini di consumo dai servizi ai beni hanno causato un rapido aumento dei prezzi. La Fed ha ritenuto che questi fattori fossero transitori ed è stata lenta a reagire. Ora è costretta a recuperare il tempo perduto”.

 

Infine, l’ultima analogia riguarda la forza dei lavoratori. “Negli anni '70 l'adesione ai sindacati era decisamente più alta di oggi e molti contratti salariali erano indicizzati all'inflazione, per cui gli stipendi aumentavano parallelamente al caro vita. Oggi la sindacalizzazione è molto inferiore rispetto a cinquant'anni fa. Tuttavia, viste le condizioni tese sui mercati del lavoro e i trend demografici, i lavoratori appaiono oggi più forti di quanto non lo siano stati in altri anni e la sindacalizzazione è in lieve ripresa, benché sia ancora troppo presto per dire se si tratti di un trend destinato a durare”.

  

Veniamo ora alle differenze. Il mix di politiche fiscali e monetarie degli anni ‘70 è stato caratterizzato da un persistente allentamento, portando a un lungo periodo di liquidità monetaria in eccesso. “Oggi la politica è relativamente più restrittiva, nonostante l'economia abbia ricevuto stimoli senza precedenti durante e all'indomani della fase più acuta della pandemia. In ogni caso, le misure straordinarie di allentamento monetario e fiscale sono state per la maggior parte mantenute solo per un anno, rispetto a quasi un decennio negli anni '70” spiega ancora Weisman.

 

In secondo luogo, “le banche centrali godono oggi di una maggiore indipendenza in ragione delle riforme intraprese dopo l'episodio d'inflazione degli anni '70, il che si traduce in una maggiore credibilità e un miglior ancoraggio delle aspettative di inflazione”.

 

Infine, “negli anni '70, la crescita dei salari è stata spesso superiore all'inflazione alimentando una spirale salari-prezzi, in quanto i lavoratori disponevano delle risorse per spendere liberamente, il che contribuiva a sua volta all'aumento dei prezzi, e così via. Oggi, la crescita dei salari è nettamente inferiore all'inflazione in media, con una conseguente espansione dei salari reali storicamente negativa”.

 

Weisman ritiene quindi che se per certi versi la situazione odierna ricorda quella degli anni '70, per altri le differenze sono notevoli. “Ma se l'inflazione dovesse rimanere ampiamente al di sopra dell'obiettivo, i salari reali, a mio avviso, dovrebbero essere almeno marginalmente positivi e la Fed dovrebbe continuare a commettere l'errore di non inasprire a sufficienza. Anche se ritengo improbabile che le cose vadano in questo modo, la Fed dovrebbe non essere disposta a infliggere al mercato del lavoro il dolore necessario per recuperare il controllo dell'inflazione. Ritengo che lo scenario più probabile sia che la Fed anticipi eccessivamente i rialzi dei tassi, facendo sprofondare l'economia in una grave recessione e spingendo rapidamente l'inflazione verso il target”.

 

“Anche se non credo che osserveremo i livelli di inflazione persistentemente elevati degli anni '70, sono dell'idea che potremmo ritrovarci con un'inflazione più simile alla parte alta del 2% che ha prevalso durante i due cicli economici precedenti la crisi finanziaria globale (all'incirca gli anni '90 e la maggior parte degli anni 2000) rispetto alla media inferiore al 2% a cui abbiamo assistito durante il ciclo post crisi finanziaria (gli anni 2010). Ciò significa che il contesto inflazionistico eccezionalmente basso del ciclo post crisi finanziaria non è probabilmente il modello giusto per pensare al regime inflazionistico del futuro” conclude l’economista.

 

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