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Italia, tutti gli ostacoli fino a fine anno

8/19/2022

Moody’s ha portato a “negativo” il proprio outlook sul nostro Paese, a causa dei rischi relativi all’economia, al debito e all'attuazione delle riforme strutturali. Il nodo della Legge di Bilancio 2023.


Lo scorso 5 agosto Moody’s ha confermato il proprio giudizio sul debito italiano (a Baa3), ma cambiato in “negativo” l’outlook, che in precedenza era neutrale

“Mentre la crescita e gli sviluppi fiscali hanno riservato sorprese positive nel 2021 e all'inizio del 2022, i rischi per il profilo di credito dell'Italia si sono accumulati di recente a causa dell'impatto economico dell'invasione dell'Ucraina da parte della Russia e degli sviluppi politici interni che potrebbero avere implicazioni rilevanti per il credito” scrivono gli analisti della società di rating, che ne rilevano tre.

In primo luogo il rischio che il contesto politico ostacoli l'attuazione delle riforme strutturali è aumentato, comprese quelle contenute nel Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR); poi l’aumento del rischio che i problemi di approvvigionamento energetico indeboliscano le prospettive economiche; infine che la solidità fiscale dell'Italia sia ulteriormente indebolita da una crescita lenta, da costi di finanziamento più elevati e da una disciplina fiscale potenzialmente più debole.

 

BORSA E SPREAD. In ogni caso, dopo i primi sei mesi in profondo rosso (-22% il calo del Ftse Mib), nelle prime sei settimane del secondo semestre la Borsa italiana ha messo a segno un discreto rialzo, nonostante l’ampliarsi dello spread tra Btp e Bund decennali, passando da una media di 200 basis point all’attuale intorno ai 250 punti base.

Un aumento limitato, alla luce della caduta del governo Draghi e del prossimo periodo di turbolenza che va messo in conto (oltre un mese di battaglia elettorale tra gli schieramenti e poi i tempi per la formazione di un nuovo governo), grazie anche al nuovo strumento di protezione del meccanismo di trasmissione della politica monetaria annunciato dalla BCE, il Transmission Protection Instrument, (TPI), che prevede l'ammissibilità del debito pubblico e privato.

 

IL TPI. “Gli investitori lo hanno apparentemente ritenuto un nuovo potente strumento che è stato approvato all'unanimità - commenta Monica Defend, Head of Amundi Institute - È difficile immaginare che la BCE utilizzerà il suo nuovo strumento per affrontare i rischi specifici di ogni Paese derivanti dalle turbolenze politiche. La condizionalità insita nel TPI, come ad esempio l'esplicito rispetto degli impegni presentati nei Piani nazionali di ripresa e resilienza o il riferimento alla sostenibilità fiscale, indica chiaramente che l'obiettivo dello strumento è limitare l'impatto negativo dell'aumento dei tassi di interesse sulle condizioni finanziarie”.

In effetti, il Consiglio direttivo della BCE ha molta discrezionalità nell'attivazione dello strumento ma avrà meno probabilità di attivare lo strumento in tempi brevi se l'aumento dei rendimenti è innescato da scelte di politica interna. Nel frattempo, il rating di Moody’s riflette l'ipotesi che i Paesi core dell'area euro sosterranno l'Italia in caso di necessità, con il TPI. il giudizio è infatti rimasto inalterato, visto anche che riflette “i significativi punti di forza economici dell'Italia, tra cui il robusto settore manifatturiero, l'elevata ricchezza delle famiglie e il basso indebitamento del settore privato”.

 

RISCHIO RECESSIONE… Intanto però, la recessione è molto probabile nell’area euro e praticamente certa in Germania. E in Italia l’economia è messa sotto pressione da un paio di fattori convergenti, come rilevano da Moody’s.

Il primo è rappresentato dalla significativa dipendenza energetica dal gas che espone il Paese a ulteriori tagli delle forniture dalla Russia e a un aumento dei prezzi dell'energia. L'Italia è meglio posizionata di altri Paesi europei vulnerabili come la Germania, grazie ai suoi terminali e ai gasdotti di collegamento con Nord Africa, Nord Europa e Asia centrale, oltre che per gli sforzi significativi di diversificazione delle forniture attraverso accordi con i Paesi dell'Africa e del Medio Oriente.

In ogni caso tutto questo comporterà un aumento dei prezzi dell'energia a livello nazionale, alimentando l'inflazione e causando un significativo shock di fiducia. Gli sforzi per mitigare l'impatto economico sulle famiglie potrebbero avere anche un impatto fiscale, anche se finora le misure di sostegno non hanno causato una deviazione dagli obiettivi di bilancio grazie a entrate statali più alte del previsto.

 

… E RISCHIO DEBITO. Un secondo è invece costituito dal livello del debito. Nell’attuale scenario di base, secondo Moody's, il debito continuerà a diminuire nel 2022 grazie alla crescita nominale e alla riduzione del deficit e il rapporto debito/PIL si attesterà al 145%, in calo rispetto al 151% del 2021 ma circa 11 punti percentuali in più rispetto a prima della pandemia. Il debito si ridurrà ulteriormente nel 2023 e si stabilizzerà al di sotto del 143% del PIL, per il rallentamento della crescita nominale e i maggiori pagamenti di interessi.

Ma la traiettoria del debito è vulnerabile agli shock: una crescita economica significativamente più debole o un aumento più rapido del costo dei finanziamenti dell'Italia metterebbero probabilmente in discussione la sostenibilità del debito se, come prevede Moody's, l'Italia continuerà a registrare disavanzi primari fino al 2024.

Invece, l'aumento dei tassi sarà relativamente lento nel trasferirsi in un aumento degli interessi, data la scadenza ragionevolmente lunga del debito italiano, pari a 7,1 anni. Finora, l'Italia continua a emettere debito al di sotto del proprio costo medio (di circa 140-150 punti base), il che significa che continua a rifinanziare il debito in scadenza a tassi più bassi.

Ma i parametri di cominceranno a peggiorare già da quest'anno, perché l'Italia ha poco più dell'11% del debito pubblico legato all'inflazione e un altro 11% è a tasso variabile. Ogni aumento di 1 punto percentuale dell'inflazione aggiunge 1,8 miliardi di euro (0,1% del PIL) in costi di interesse. mentre uno spostamento di 1 punto percentuale verso l'alto della curva dei rendimenti aggiunge 2,5 miliardi di euro nel primo anno (0,1% del PIL). Secondo Moody’s, il costo degli interessi raggiungerà l'8,1% delle entrate, ancora gestibile, entro il 2025.

Il ritorno dell'incertezza politica e il mancato raggiungimento degli obiettivi del PNRR lascerebbero così l'Italia più esposta alla fiducia degli investitori, in un momento in cui il governo ha bisogno di un loro ruolo maggiore nel mercato del debito italiano, oltretutto in una fase di normalizzazione della politica monetaria della BCE.

 

I TEMPI DELLA FINANZIARIA... I tempi di formazione del nuovo governo si sovrapporranno però a quelli di redazione della legge di bilancio per il 2023. “Normalmente il processo di bilancio inizia attorno al 27 settembre con un piano di bilancio pluriennale, seguito intorno al 20 ottobre da una bozza di bilancio presentata al Parlamento, dove viene discussa e modificata fino all'approvazione finale entro il 31 dicembre - ricorda Monica Defend - Nel frattempo, la bozza deve essere inviata alla Commissione UE entro la metà di ottobre per l'approvazione.

Se le elezioni si svolgeranno a fine settembre, è improbabile che si formi un governo in grado di supervisionare il processo entro le scadenze previste (di recente, la formazione di un governo ha richiesto diverse settimane dopo le elezioni). In questo caso, è probabile che il bilancio del 2022 venga prorogato in termini nominali (cioè non saranno possibili aggiustamenti per eventi geopolitici potenzialmente avversi, come ad esempio nuove misure per affrontare la crisi energetica in uno scenario di razionamento del gas).

Ciò sarebbe chiaramente negativo per la crescita, in quanto, laddove necessario, non potrebbero essere attivate misure anticicliche e di sostegno fiscale”.

 

… E DEL PNRR. Nella seconda metà del 2022, l'Italia deve raggiungere 55 obiettivi quantitativi (cosiddetti target) e obiettivi qualitativi (cosiddetti milestone) secondo il Piano nazionale di ripresa e di resilienza per poter accedere ai fondi comunitari di Next Generation EU. “Il raggiungimento di questi obiettivi sbloccherebbe la prossima tranche di 19 miliardi di euro da ricevere all'inizio del 2023 - ricorda la manager di Amundi AM - La buona notizia è che la maggior parte di questi target non richiede attualmente un intervento parlamentare o un'azione legislativa.

Tuttavia, la loro attuazione potrebbe essere a rischio a causa di ritardi dovuti a cambiamenti politici. Alcune di queste riforme, tuttavia, potrebbero rientrare nel mandato di un governo ad interim per evitare ritardi nell'esborso dei fondi 2023.

I ritardi avrebbero un impatto negativo sia sulla crescita potenziale, sia sulla spinta degli investimenti a breve termine, che si prevedeva avrebbero sostenuto la crescita appena al di sopra del potenziale (salvo nuovi shock esterni) tra il 2023 e il 2026”.

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