Tempo di lettura: 4min

Una nuova era per le banche centrali

8/11/2022 | Redazione Advisor

Il tempo delle politiche monetarie accomodanti e dei banchieri centrali più gentili e delicati è terminato. Il commento di PIMCO


È finita l'era delle banche centrali più gentili e delicate. Ne è convinta Tiffany Wilding, US economist di PIMCO, alla luce delle ultime iniziative di politica monetaria . “La scorsa settimana la Bank of England (BoE) è stata la prima tra le principali banche centrali ad ammettere di prevedere una recessione per ripristinare la stabilità dei prezzi. Come ampiamente previsto, la BoE ha effettuato un rialzo dei tassi di 50 punti base, il più grande aggiustamento in un'unica riunione dagli anni '90. Con una mossa inaspettata, i funzionari della BoE hanno anche rivisto al ribasso le proiezioni sulla crescita del PIL reale e ora prevedono una recessione più profonda che durerà per sette trimestri a partire dal quarto del 2022, con un calo del PIL del -2,2% (tra i valori massimi e minimi). Ciò che ha sorpreso di più - osserva l’economista - è stata la profondità delle prospettive di recessione della BoE e la sua determinazione a utilizzare tutti gli strumenti a disposizione per inasprire la politica nonostante le fosche prospettive di crescita reale”.

 

Wilding rileva che finora la valutazione di una politica appropriata da parte delle altre banche centrali è stata più favorevole, nonostante i recenti aggiustamenti dei tassi fuori misura. “Tuttavia, poiché l’inflazione è attualmente un fenomeno tanto globale quanto specifico per un Paese - aggiunge - le azioni della BoE sollevano la questione di quale sarà la prossima banca centrale ad adottare questo approccio più “energico”, e in particolare se la Fed seguirà il suo esempio. Qualsiasi evoluzione nella strategia della Fed avrà importanti implicazioni non solo per il tasso di riferimento terminale, ma anche per le condizioni finanziarie globali, date le complesse interconnessioni tra i mercati globali dei capitali, e per l’andamento dei potenziali tagli successivi. Infatti, il passaggio della Fed all’obiettivo di recessione implica un ritmo più rapido di rialzi a breve termine verso un tasso terminale più elevato, che mette ulteriormente sotto pressione i premi al rischio dei mercati finanziari globali, ma implica anche tagli più rapidi in modo che anche l'inflazione si possa attenuare più rapidamente”.

 

L'evoluzione delle prospettive della Fed dipenderà in modo cruciale dalla persistenza dell'inflazione. “Sebbene esista ancora un percorso plausibile verso un atterraggio morbido negli Stati Uniti - ossia una moderazione dell'inflazione senza recessione - la credibilità di questo esito sta rapidamente diminuendo”.

 

In effetti la probabilità che gli Stati Uniti siano attualmente in recessione, o che lo saranno entro il terzo trimestre, è scesa ulteriormente la scorsa settimana, con la pubblicazione del solido rapporto sull'occupazione di luglio e del PMI dei servizi ISM. “Tuttavia, i mercati del lavoro, che sono in ritardo rispetto alle tendenze di crescita, probabilmente rallenteranno, e il forte slancio finora registrato, unito ai solidi dati salariali, pone la Fed sulla strada giusta per un altro aumento di 75 punti base alla riunione di settembre e per rivedere ancora una volta al rialzo le proprie aspettative per il tasso sui Fed Funds a fine anno. Questa revisione porterebbe la politica monetaria ad essere restrittiva, ben al di sotto del tasso necessario per questa linea negli anni '70 e '80, perché nonostante l'elevata inflazione ciclica, il tasso d'interesse reale neutrale è probabilmente ancora molto basso”.

 

Se la Fed ammetterà mai di avere come obiettivo una recessione è un'altra questione. A causa del suo duplice mandato di massima occupazione e stabilità dei prezzi, Wilding evidenzia che sarà più difficile per la Fed. “Forse la cosa che più vi si avvicinerà sarà affermare che l'unico modo per raggiungere la massima occupazione nel tempo è ripristinare la stabilità dei prezzi, proprio come Powell ha affermato in numerose occasioni. Inoltre, quando si inasprisce la politica, i benefici di una comunicazione chiara e di una forward guidance concreta, che sono diventati un segno distintivo delle banche centrali dopo la crisi finanziaria, si fanno meno chiari”.

 

Qual è la morale della favola? “Che i funzionari della Fed lo ammettano o meno” chiarisce Wilding, “pensiamo che si stiano silenziosamente orientando verso l'idea che un periodo di crescita inferiore al trend non sarà sufficiente a moderare completamente le pressioni inflazionistiche. Invece, analogamente alle prospettive della BoE, potrebbe essere giustificato un approccio più deciso nel contesto di un tasso neutro reale ancora basso. Di conseguenza, sebbene le prospettive di recessione a breve termine siano diminuite, le prospettive di recessione a 12-18 mesi vedono senza dubbio maggiori probabilità. In altre parole - conclude l’economista -  è finita l'era pre-pandemica dei banchieri centrali più gentili e delicati”.

Condividi

Seguici sui social

Advisor è la prima piattaforma interamente dedicata alla consulenza patrimoniale e al risparmio gestito con oltre 38.000 professionisti già iscritti


Accedi a funzionalità esclusive e migliora la tua esperienza di navigazione


  • Leggi articoli esclusivi
  • Salva le tue news preferite
  • Partecipa ad eventi esclusivi
  • Sfoglia i magazine in anteprima

Iscriviti oggi!

Hai già un profilo? Accedi qui

Cerchi qualcosa in particolare?