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Emergenti solidi e ben posizionati

8/23/2022 | Lorenza Roma

Secondo Capital Group, questi mercati dimostrano di essere in grado di affrontare le sfide future grazie a fondamentali per lo più solidi e fattori tecnici favorevoli


Il recente aumento dei prezzi delle materie prime ha amplificato l’accelerazione dell’inflazione registrata a livello mondiale, derivante dall'interruzione delle catene di fornitura globali causata dalla pandemia. Solo pochi mesi fa si pensava che il fenomeno sarebbe stato temporaneo, ma oggi l’inflazione appare destinata a rimanere elevata per un periodo di tempo prolungato, nonostante la contrazione dell’attività economica e dei redditi reali. È interessante osservare la differenza tra mercati sviluppati ed emergenti in termini di impatto e risposta all’inflazione. Negli ultimi 10 anni, le banche centrali dei mercati sviluppati hanno cercato di far crescere l’inflazione fino all’obiettivo fissato, mentre quelle dei ME hanno per lo più mantenuto il loro sforzo a lungo termine per ridurre l’inflazione. Stranamente, nell’ultimo periodo l’inflazione dei ME è stata relativamente più bassa rispetto a quella dei mercati sviluppati (MS). Ciò è riconducibile a due motivi. In primo luogo, nei paesi emergenti la ripresa economica è più debole e, in secondo luogo, le banche centrali dei ME sono intervenute più proattivamente aumentando i tassi di interesse. Kirstie Spence, portfolio manager di Capital Group, che sottolinea la forza dei mercati emergenti anche in questo contesto incerto e volatile.

 

"I paesi emergenti, così come quelli sviluppati, hanno registrato contrazioni notevoli del prodotto interno lordo (PIL) causate dalla pandemia, che a loro volta hanno generato ampi output gap. Per di più, la ripresa dei ME ha decisamente arrancato rispetto a quella dei MS (mercati sviluppati), in parte a causa della spesa fiscale inferiore e ai tassi di vaccinazione ridotti. Ripresa economica debole e output gap sono tipicamente associati a tassi di inflazione ciclicamente inferiori", sottolinea la manager.

 

In media, rispetto alle banche centrali dei MS le banche centrali dei ME sono intervenute più proattivamente aumentando i tassi, nonostante le deboli condizioni interne, per vari motivi. In primo luogo, l’aumento dei prezzi delle materie prime colpisce alcuni paesi dei ME più duramente dei MS. Mentre l’inflazione colpisce i consumatori di tutto il mondo, il recente rincaro delle materie prime sta avendo un forte impatto su molte economie emergenti. In particolare, sono aumentati i prezzi dei prodotti alimentari, poiché Russia e Ucraina sono importanti esportatori di materie prime alimentari a livello mondiale.

 

In secondo luogo, le banche centrali dei ME hanno più difficoltà a dimostrare la loro credibilità ed evitare il rafforzamento delle aspettative di inflazione. Anche se molte delle cause dell’inflazione potrebbero sembrare transitorie (alimentari, energia, carenze di fornitura dovute alla pandemia, ecc.), quando l’inflazione inizia a diffondersi anche in altre aree, le aspettative di inflazione crescono e i comportamenti cambiano. Nei mercati emergenti questo può accadere più rapidamente rispetto ai MS, poiché la maggior parte di essi non ha mai conosciuto periodi di bassa inflazione.

 

Un altro aspetto da considerare è che le banche centrali dei ME sono abituate ai cicli di inflazione e, di conseguenza, i decisori politici possono sfruttare meglio i tassi di interesse per far fronte alle sfide dell’inflazione. Il fatto che la maggior parte delle banche centrali dei ME non abbia utilizzato il quantitative easing durante la pandemia dimostra che gli istituti centrali di questi mercati possono sfruttare meglio i tassi di interesse per far fronte alle sfide dell’inflazione, diversamente da quelli dei MS. Ciò significa anche che il linguaggio e altri strumenti hanno un peso minore.

 

Infine, tassi di interesse più alti contribuiscono a proteggere i mercati emergenti dai deflussi di capitali quando la Fed alza i tassi. Spesso i mercati emergenti registrano deflussi di capitali durante le fasi di rialzo dei tassi di interesse statunitensi, poiché normalmente l’aumento dei tassi USA determina una diminuzione del differenziale con i ME, riducendo la remunerazione ricevuta dagli investitori a fronte del rischio paese emergente assunto. Pertanto, le banche centrali dei ME devono necessariamente anticipare l’aumento dei tassi di interesse, precedendo le mosse della Federal Reserve (Fed). L’atteggiamento proattivo delle banche centrali dei ME ha determinato differenziali più ampi in termini di rendimenti reali.

 

"A nostro avviso, la maggior parte dei ME è relativamente ben posizionata per affrontare le sfide future, grazie a fondamentali per lo più solidi e fattori tecnici favorevoli. Il debito dei ME in valuta locale appare interessante, a fronte di differenziali di rendimento reale elevati, soprattutto al centro della curva, poiché le curve di molte valute locali hanno registrato un forte appiattimento. Considerando il punto di partenza dei tassi di cambio dei ME e le previsioni ottimistiche di crescita per la maggior parte di essi, riteniamo che nel 2022 le valute dei ME possano fornire un contributo positivo ai rendimenti complessivi", conclude Spence.

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