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La FED spaventa i mercati. I commenti dei gestori

9/22/2022 | Daniele Riosa

La Federal Reserve ha deciso di alzare i tassi di interesse dello 0,75% per la terza volta consecutiva portandoli al livello più alto dal 2008. Vediamo come i gestori commentano la decisione della banca centrale USA


La Federal Reserve ha deciso di alzare i tassi di interesse dello 0,75% per la terza volta consecutiva portandoli al livello più alto dal 2008. Vediamo come i gestori commentano la decisione della banca centrale USA.

Giorgio Broggi, quantitative analyst di Moneyfarm, sottolinea che “come da attese, la Banca Centrale americana ha rialzato i tassi di 75 basis point, sventando il rischio, parzialmente prezzato, di un rialzo da 100 bp dei tassi. Nonostante l’inflazione abbia sorpreso al rialzo anche ad agosto (8.3% annuale contro l’8.1% atteso), la Fed ha probabilmente tenuto conto di due fattori principali per optare per ‘soli’ 3 rialzi. Per prima cosa, l’aumento dei prezzi ha, seppur lentamente, iniziato ad abbassarsi rispetto al picco estivo. Inoltre, cosa forse ancor più rilevante, Powell è consapevole dei rischi che un rialzo più aggressivo potrebbe avere sulla crescita economica, che rimane resiliente, ma le cui attese sono state ancora una volta riviste al ribasso proprio durante il meeting. Tutto sommato, la decisione ha comunque, in qualche modo, spaventato i mercati, con l’azionario al ribasso e il Dollaro in rafforzamento contro l’Euro, mentre la curva 2-10 anni si è invertita ancor di più, catturando aspettative ancor più restrittive per il prossimo anno e segnalando i sempre maggiori rischi di attuare un soft-landing”.

Michael Metcalfe, head of macro strategy di State Street Global Markets, rileva che “è significativo il fatto che le prospettive di un rialzo dei tassi di 75 punti base siano velocemente diventate parte del ‘consensus’. È stato creato troppo allarmismo? Quest'anno i mercati hanno ripetutamente tentato, senza riuscirci, di anticipare il picco dei tassi statunitensi. Tuttavia, con la Fed che ora si orienta verso un picco ben al di sopra del 4% e una politica monetaria restrittiva fino al 2025, i falchi hanno raggiunto quello che dovrebbe essere il punto più alto e ci vorrà un altro shock significativo dell'inflazione prima che i tassi salgano ulteriormente. Per il momento l'andamento dell'inflazione registrato da PriceStats sembra essere più favorevole, dal momento che i primi 17 giorni del mese indicano che per il secondo mese consecutivo i prezzi sono rimasti invariati e il tasso d'inflazione nominale è più basso. Supponendo che questo andamento continui e si estenda all’inflazione core, è probabile che a novembre e dicembre si verifichino rialzi dei tassi più contenuti, il che darà finalmente ai mercati una maggiore fiducia nel fatto che il picco dei tassi sia stato raggiunto”.

Secondo Andy Mulliner, head of global aggregate strategies di Janus Henderson, "la Fed è impegnata a ridurre l'inflazione. Tuttavia, sono stati i dot a rivelare il pensiero della banca centrale statunitense. Si prevede che i tassi si collocheranno attorno al 4% entro la fine dell'anno (in linea con i mercati), mentre si prevede di mantenerli a livelli simili per il 2023, prima di scendere verso un livello a lungo termine (sorprendentemente) invariato nel 2025. Le proiezioni della Fed sulla disoccupazione e sulla crescita sembrano ottimistiche, visto il grado di stretta monetaria, ma solo il tempo ci dirà fino a che punto si tratti di una realtà o di una pia illusione. I mercati sono rimasti in media relativamente invariati, ma nettamente più deboli in quanto la Fed ha ribadito il proprio impegno a ridurre l'inflazione".

Eva Sun-Wai, portfolio manager fixed income di M&G Investments, constata che “la Fed ha probabilmente più margine di manovra rispetto all'Europa, in quanto gli Stati Uniti sono più isolati dalla volatilità dei prezzi dell'energia e delle materie prime che sta causando difficoltà nel continente, e finché i mercati del lavoro rimarranno forti, la banca centrale americana non sembra così preoccupata di spingere l'economia verso una contrazione del PIL. Ciò che colpisce è la loro determinazione a impegnarsi per il raggiungimento dell'obiettivo di inflazione del 2%: sembra che, almeno nel medio termine, le banche centrali debbano rivedere al rialzo i loro obiettivi per tenere conto dei componenti più ‘problematici’ del paniere dell'IPC e accettare il fatto che potremmo entrare in una fase di inflazione perennemente più alta di quella a cui siamo stati abituati negli ultimi decenni”.  

Silvia Dall’Angelo, senior economist di Federated Hermes, spiega che “la Fed ha Powell ha evitato riferimenti espliciti ad un'imminente recessione, ma ha chiarito che la Fed è pronta a tollerare una crescita inferiore al trend ed un mercato del lavoro più soft, mentre si focalizzerà sul contenimento dell'inflazione. Certo, dato che la politica monetaria funziona con un certo ritardo e la recessione legata alla pandemia potrebbe aver lasciato segni strutturali sull'economia, c'è incertezza sul grado di stretta monetaria necessario per riportare l'inflazione all'obiettivo senza danneggiare troppo il mercato del lavoro. In questa fase, sulla base dei compromessi che deve affrontare, la Fed è disposta a correre il rischio di esagerare”.

Paolo Zanghieri, senior economist di Generali Investments, nota che "Powell è apparso molto meno fiducioso nella possibilità di evitare un atterraggio duro. Si è chiaramente astenuto dal menzionare una recessione, ma ha affermato che esiste una probabilità 'molto alta' che la crescita rimanga al di sotto del trend per un periodo sostanziale. Ha anche ammonito che non ci sono modi indolori per combattere un'inflazione elevata e persistente e che i sacrifici sono necessari per ripristinare la situazione prevalente nel decennio pre-Covid, quando l'inflazione moderata ha consentito un lungo periodo di crescita regolare che ha notevolmente beneficiato la parte più debole del mercato del lavoro. Solo con prove molto convincenti che l'inflazione si sta dirigendo costantemente verso l'obiettivo, la Fed inizierà ad allentare la politica".

Per Tiffany Wilding, north american economist di PIMCO, "i membri del FOMC continuano a ritenere che la bilancia dei rischi legati all'inflazione penda verso l'alto. L'inflazione elevata ha mantenuto bassi i tassi di interesse reali, nonostante le condizioni finanziarie generalmente più rigide. Inoltre, con l'ampliamento dell'inflazione, è molto meno chiaro se l'inflazione si modererà da sola senza un ulteriore inasprimento monetario che porti i tassi di interesse reali al di sopra del loro livello neutrale. In effetti, il rischio di effetti secondari di un'inflazione più elevata che contribuisca ad aumentare le aspettative di inflazione e così via appare più acuto nel contesto di tendenze inflazionistiche che ora appaiono più generalizzate rispetto ai soli shock dell’offerta legati alla pandemia".

Guardando alle prossime due riunioni, "riteniamo che le previsioni sul percorso dei tassi implichino un altro rialzo di 75 pb a novembre, prima che il ritmo rallenti a dicembre. 75 punti base sono i nuovi 25 punti base".

Come constata Anna Stupnytska, global macro e economist di Fidelity International, "in termini di asset allocation, continuiamo a essere cauti sugli asset di rischio, mantenendo un sottopeso sulle azioni e sul credito e un forte sovrappeso alla liquidità, e neutrali sulla duration a causa della continua attenzione all'inflazione da parte delle banche centrali, pur tenendo d'occhio il deterioramento delle prospettive di crescita. Nell'ambito del mercato azionario, la preferenza è per le azioni statunitensi, date le loro proprietà difensive, nonostante le aspettative di una Fed sempre più falco. Per quanto riguarda il credito, siamo posizionati in modo difensivo sui mercati sviluppati di qualità superiore rispetto ai mercati emergenti, dove vediamo venti contrari dovuti alla forza del dollaro. Per quanto riguarda il mercato valutario, siamo neutrali, ma esprimiamo una visione positiva sul dollaro attraverso alcune valute asiatiche, dove le banche centrali si trovano in fasi diverse del loro ciclo politico".

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