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Prometeia: uscita dalla crisi solo nel 2024

10/4/2022 | Marcella Persola

Nel Rapporto di Previsione gli economisti della società hanno tagliato le stime di quasi due punti del PIL.


L’inflazione in Europa, spinta al rialzo dai costi dell’energia, ha superato quella degli Usa. La Bce procede spedita nella normalizzazione della stance monetaria. La situazione di incertezza legata alla disponibilità di energia per quest’inverno e il prossimo frenano gli investimenti. L’area euro si avvia verso una caduta dell’attività. Quanto durerà la fase di debolezza economica e quanto è resiliente il tessuto produttivo per superare questa fase? Sono questi gli interrogativi a cui ha cercato di rispondere il webinar di Prometeia, svoltosi venerdì 30 settembre, nel corso del quale è stato anche presentato il Rapporto di Previsione della società di consulenza bolognese.

 

Il Rapporto di Previsione Prometeia di settembre vede uno scenario al ribasso: la stima di crescita del Pil per l'Italia nel 2023 è tagliata di quasi due punti percentuali, passando a +0,1% dal +1,9% di luglio (a fronte di un 2022 che si chiuderà invece a +3,4%). Una revisione che non riguarda solo l’Italia: l’Eurozona chiuderà il 2023 in territorio negativo.

 

Naturalmente a incidere su tali revisione sono state da una parte la crescita dell’inflazione e dall’altra anche la crisi energetica, così come ha sottolineato Lorenzo Forni, head of Prometeia Association.

 

“Il secondo trimestre 2022 ha portato risultati migliori delle attese in particolare nella spesa delle famiglie, che si riteneva sarebbe stata più compressa dal caro bollette e dalla guerra in Ucraina. In realtà, il desiderio di tornare alla normalità con il venire meno delle limitazioni Covid ha generato un rimbalzo delle spese legate a tempo libero e turismo. Altrettanto buono il risultato per la manifattura, con investimenti ed esportazioni ancora in espansione. Questo ha portato Prometeia, dopo le stime di luglio, a rivedere al rialzo le previsioni di crescita per il 2022, da +2,9% a +3,4%” si legge nel Rapporto.

 

Altro tema da non sottovalutare è quello inflazionistico. L’inflazione in Europa ha superato quella USA e le due presentano delle dinamiche molto differenti; quella USA infatti si sta dirigendo verso una normalizzazione mentre in Europa è ancora al rialzo. Senza dimenticare la Cina dove l’inflazione è più bassa rispetto alle altre aree. “L’inflazione ha continuato ad aumentare in prevalenza a causa dell’impennata dei prezzi dell’energia (7,3% l’inflazione che Prometeia stima per l’anno in corso). In agosto, anche i prezzi degli alimentari sono cresciuti oltre il 10% e l’inflazione al netto di energia e alimentari, in genere meno volatile, è arrivata al 4,5%. Aumenti che si prospettano sempre più duraturi e con effetti asimmetrici, dato che alimentari, energia elettrica e riscaldamento sono consumi essenziali del paniere di spesa delle famiglie a basso reddito”.

 

Altro tema è la crisi energetica. Appena usciti dalla pandemia, la guerra russo-ucraina ha creato un nuovo shock. A causa degli aumenti registrati sia negli input energetici sia nel valore della produzione, nel 2022 il peso dei costi a carico delle aziende per energia elettrica e gas sul valore della produzione arriva al 2,4%, con punte vicino al 15% per alcuni comparti. Nel 2019 l’incidenza media era dell’1.1%. Allo stesso tempo, le imprese esportatrici italiane beneficeranno dell’indebolimento dell’euro, sceso sul dollaro a livelli nominali mai registrati (per la media del 2023 prevediamo un cambio euro/dollaro che continuerà sotto la parità, anche se in termini effettivi il deprezzamento è minore), ma dovranno fronteggiare un arretramento della domanda estera, soprattutto in Europa.

 

Per quanto riguarda l'Italia il panorama è più complicato da leggere - secondo Stefania Tomasini - senior partner di Prometeia. Se guardiamo ai dati storici possiamo dire che l'economia italina per due anni ha performato bene, recuperando i livelli pre-crisi. In tale scenario un ruolo importante lo hanno svolte le politiche fiscali, mentre i consumi non sono ancora tornati a livelli pre-crisi. Secondo l'esprta di Prometeia l'export è andato molto bene e si è assistito a un incremento delle spese in investimenti (ad esempio macchinari per le imprese). Ora, però il caro energia, lasciano il nostro Paese con un fardello di debito pubblico su Pil appesantito di oltre 15 punti percentuali rispetto al periodo pre-Covid (oltre il 149% nel 2023). La sospensione delle regole di bilancio europee, vale a dire l’attivazione della general escape clause del Patto di stabilità, è al momento valida fino a fine 2023, ma rimane comunque il problema di come ridurre la massa di debito accumulato in presenza di una politica monetaria avviata stabilmente verso un approccio più neutrale. Dopo anni di massicci acquisti da parte della Bce di titoli di stato, tali per cui oggi il 30% del debito pubblico italiano è detenuto dall’Eurosistema, il Paese dovrà confrontarsi con un contesto meno favorevole per la sua collocazione. Il livello del debito pubblico e il suo rifinanziamento si confermano dunque tra i principali rischi per la nostra economia.

 

Guardando al futuro per Tomasini dobbiamo considerare archiviata la fase espansiva, vedremo una recessione a cavallo tra 2022 e 2023, con una ripresa contenuta a inizio 2023, seguita successivamente da una frenata e un'uscita dalla crisi solo nel 2024, a condizione che l'inflazione non aumenti in maniera rilevante, ma si stabilizzi, per poi scendere. 

 

 

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